Zahra Kazemi era una fotoreporter iraniana naturalizzata canadese che venne arrestata nel 2003, per aver scattato fotografie di fronte a una prigione, in Iran. Quasi tre settimane più tardi, morì in galera.
Solo due anni dopo, il medico che aveva esaminato il suo cadavere, rivelò che presentava evidenti segni di tortura: inclusi stupro, dita spezzate, unghie mancanti, segni di frustate sulle gambe e frattura cranica.
Zahra Kazemi era nata a Shiraz, Iran, nel 1948, si era trasferita in Francia, nel 1974, per studiare letteratura e cinema all’Università di Parigi. E dal 1993, viveva in Canada, dove aveva ottenuto la doppia cittadinanza.
Zahra Kazemi era stata fermata, il 23 giugno 2003, mentre fotografava le famiglie dei detenuti davanti alla prigione di Evin, a nord di Teheran.
È deceduta, il 10 luglio, molto probabilmente in seguito alle ferite riportate. Aveva 55 anni,
Dopo aver tentato di nascondere le cause della sua morte, le autorità iraniane sono state costrette a ammettere che era stata “picchiata”.
Il corpo di Zahra Kazemi era stato frettolosamente sepolto contro la volontà di suo figlio, Stéphan Hachemi. Sua madre, ha dichiarato pubblicamente di essere stata vittima di pressioni per autorizzare la sepoltura del corpo di sua figlia in Iran. Da allora, sono rimaste inascoltate le richieste di riesumare e di rimpatriare la salma in Canada.
A causa della sua doppia cittadinanza e delle circostanze della sua morte, divenne un caso internazionale.
La stampa iraniana, all’inizio, aveva parlato di ictus e successivamente di una caduta accidentale dovuta alla debolezza causata da un suo volontario sciopero della fame.
Al termine di uno scontro tra riformatori e conservatori, che si accusavano reciprocamente della morte di Zahra Kazemi, un agente dei servizi segreti iraniani, Mohammad Reza Aghdam Ahmadi, fu indicato come il presunto assassino.
Un caso ancora irrisolto, di cui forse non si saprà mai la verità e i cui colpevoli non saranno mai condannati.