Noi donne di Barrancabermeja-Magdalena Medio andavamo in giro in branco. Ci chiamavano e ci dicevano: stanno per uccidere una persona da quella parte. Arrivavamo in centinaia costringendoli ad arrendersi. Abbiamo salvato molte persone. Era il modo di gestire la paura e di proteggerci senza essere complici.
Yolanda Becerra è l’attivista colombiana che nel 2005 è stata candidata al Premio Nobel per la Pace.
Da quarant’anni si distingue per la sua lotta e il costante sostegno alle donne che subiscono discriminazioni ed emarginazione, nonostante abbia subito numerosi atti di intimidazione, molestie e minacce di morte.
Direttrice nazionale dell’Organización Femenina Popular (OFP), ha dedicato la sua vita alle lotte per la difesa del territorio e della dignità umana e ispirato il Movimento sociale delle donne contro la guerra e per la pace.
È riconosciuto a livello internazionale il suo impegno per la tutela dei diritti umani nella guerra civile che dura da ormai 60 anni e che coinvolge forze dell’ordine statali, paramilitari e guerriglieri, portando estrema disparità fra ricchi e poveri e condizioni di vita insostenibili, soprattutto per le donne.
Con coraggio e tenacia, ha guidato l’OFP in un processo di riparazioni collettive per ricostruire l’identità, la rete sociale e la pace nei territori e nelle comunità.
Nata a Barrancabermeja il 19 marzo 1959, in una numerosa famiglia operaia, ha iniziato presto a militare nel movimento studentesco.
Ha lavorato per il Ministero Pastorale della Diocesi, dove, nel 1972 è nata l’Organizzazione Femminile Popolare, che nel 1988, insieme a Rosalba Meriño, ha reso un’organizzazione autonoma e laica.
Dedita alla difesa del territorio, alla tutela della dignità e alla costruzione della pace, ha intrapreso ogni sorta di azione per contrastare la violenza e le ingiustizie nel suo paese.
L’organizzazione fornisce assistenza economica, accesso all’istruzione, servizi sanitari e assistenza legale a donne e giovani.
Ha svolto un ruolo chiave nei processi locali e nazionali relativi all’applicazione dei diritti delle vittime per ottenere verità, giustizia e riparazioni.
Quando nel dicembre 2000, i paramilitari hanno occupato la città imponendo le loro leggi alla popolazione civile, la sua organizzazione, che ha subito omicidi e sparizioni di diverse persone, ha opposto grande resistenza e cercato sostegno a livello nazionale e internazionale.
Nel 2005 è stata candidata al Premio Nobel per la Pace nell’ambito della proposta 1000 PeaceWomen.
Nel 2007, poco dopo l’annuncio da parte del governo svedese del conferimento del Premio Per Anger, è stata aggredita, picchiata e minacciata nella sua abitazione.
Nel 2009 è stata insignita col Premio Ginetta Sagan assegnato da Amnesty International come riconoscimento a chi si batte in difesa dei diritti umani di donne e bambini.
Il suo impegno per raggiungere la pace, l’equità e la giustizia, ha avuto un forte impatto in Colombia e a livello globale.
Attualmente, è impegnata in diverse iniziative tra cui la costruzione di un Museo della memoria e dei diritti umani per le donne e lo sviluppo di un’Agenda femminile per il territorio e la pace.
In una società maschilista con così grandi disuguaglianze, le organizzazioni femminili sono necessarie per la ricostruzione e la costruzione di un modello fatto di equità, giustizia e diritti… Una società a misura di uomini e donne creerebbe un altro modello di Stato che ci permetterebbe di raggiungere una cosa piccola ma molto difficile: la felicità.