Violet Gibson è stata la donna che ha tentato di ammazzare il Duce nel 1926.
Proveniva da una famiglia aristocratica irlandese, figlia di Lord Edward Ashbourne, ex cancelliere della Corona britannica. Nata il 31 agosto 1876 a Dublino, era assidua frequentatrice di salotti e intellettuali.
Violet Gibson iniziò, precocemente, a soffrire di squilibri mentali che, a inizio Novecento, venivano “curati” con la reclusione in istituti in cui si tentava un forzoso e macabro recupero – poi sempre alquanto blando ˗ per un reinserimento nella società.
Nel 1926 Gibson si trovava nella Città Eterna, casa ormai da quattro anni del nuovo governo fascista guidato da Mussolini. Il 7 aprile dello stesso anno, i destini di Gibson e del Duce si incrociano brutalmente.
Quest’ultimo, di ritorno dall’inaugurazione del Congresso internazionale di chirurgia, tenutasi al Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, mentre attraversava l’omonima piazza, scendendo una scalinata, si imbatté in una donna sulla sessantina vestita completamente di nero.
Una frazione di secondo e l’anziana signora estrasse una pistola, puntandola direttamente alla testa di Mussolini.
In quel momento, passo un gruppo accorso per acclamarlo, e il Duce, come di consueto, alzò il braccio per salutare la folla col tipico saluto romano.
Questa mossa gli permise di proteggere il capo esposto, ma il colpo di pistola partito dalle mani di Gibson lo colpi comunque, anche se solo di striscio, sul naso.
Violet Gibson tentò un secondo attacco, ma la pistola si inceppò.
Ad avventarsi sulla donna, nel tentativo di placcarla, fu un’altra signora, Nicoletta Fortezza di Ruvo di Puglia che la afferrò con tutte le sue forze per i capelli: intervennero poi ad immobilizzarla e a disarmarla il capitano Grassini dei Reali Carabinieri e l’agente Bazan.
Mussolini era salvo, ma grondante di sangue, sorretto e protetto dal questore Perilli, al suo fianco in quanto nuovo responsabile della sicurezza del capo di governo.
Arrestata e identificata, la donna irlandese subì un processo sommario: sin dal principio la stampa italiana allineata sollevò numerosi dubbi sulla possibile presenza di un complotto internazionale contro Mussolini.
Il caso venne fatto cadere nel dimenticatoio: troppi interessi legati alla politica estera potevano essere messi a repentaglio da un processo in piena regola contro una cittadina britannica.
In quel momento storico era più che necessario non stuzzicare le grandi potenze europee, in primo luogo il Regno Unito. Inoltre, la Gran Bretagna stessa capì che era opportuno soffocare le polemiche e le eventuali oscure controversie nel più breve tempo possibile.
Quale soluzione migliore, soprattutto in questi anni in cui la scienza è asservita alla politica, se non sfruttare la tesi della pazzia, spiegazione ufficiale per ogni disturbo psichiatrico?
Così fecero Italia e Regno Unito: Gibson venne additata come una pazza, una squilibrata, una psicopatica, una alienata e una zitella per cui non valeva la pena incrinare precari equilibri geo-politici, già in forte discussione.
Il caso fu chiuso velocemente, e altrettanto velocemente finito nel dimenticatoio.
I dubbi sono ancora tanti riguardo la vicenda e le domande, quali, dove si procurò la pistola Gibson? Perché sapeva sparare? Perché ha sparato? Aveva complici? Sono tutte domande che rimarranno ancora a lungo un mistero.
Quel che è certo è che, da questa vicenda, Mussolini approfittò degli attentati per consolidare la sua dittatura, impregnata di quel senso di invincibilità che aleggerà pressante sulle teste degli italiani fino alla sconfitta definitiva.
Violet Gibson, fu ricoverata all’Ospedale psichiatrico di Northampton, da dove non ne uscirà viva mai più.
Tentò di suicidarsi varie volte, aveva scritto lunghe lettere a ministri e principi della famiglia reale, nelle quali tracciava piani grandiosi per migliorare la condizione del regno e dei sudditi.
Mai spedite, le lettere sono conservate negli archivi del St. Andrew.
Violet Gibson morì nel 1956 lasciando tanti quesiti su quell’attentato finito male che avrebbe potuto riscrivere le pagine della storia.
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