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Veronica Franco

Veronica Franco

Se siamo armate e addestrate siamo in grado di convincere gli uomini che anche noi abbiamo mani, piedi e un cuore come il loro; e anche se siamo delicate e tenere, ci sono uomini delicati che possono essere anche forti e uomini volgari e violenti che sono dei codardi. Le donne non hanno ancora capito che dovrebbero comportarsi così, in questo modo riuscirebbero a combattere fino alla morte; e per dimostrare che ciò è vero, sarò la prima ad agire, ergendomi a modello.

Veronica Franco, poeta nella Venezia del Sedicesimo secolo, è stata scrittrice, curatrice di raccolte poetiche e saggista.

Fine intellettuale, dotata di un forte carattere, è stata una cortigiana onesta, appartenente alla categoria più colta, ha conosciuto e frequentato molte personalità dell’epoca e avuto una breve relazione con il re Enrico III di Francia di cui ha scritto in un suo libro.

Grazie alle sue abilità da poeta ha fatto parte di un importante circolo letterario e pubblicato le sue poesie in due volumi, Terze RimeLettere familiari a diversi.

L’esplorazione dei conflitti di potere tra i sessi e la consapevolezza di rappresentare una minaccia per gli uomini contemporanei, rendono attuale le sue opere letterarie e il contesto in cui ha vissuto.

È stata una donna indomita, libera, che non ha avuto remore a parlare delle sue doti amorose e non si è lasciata sopraffare dall’umiliazione derivata dalla sua professione, che ha praticato con fierezza e consapevolezza.

Ha sostenuto appassionatamente le donne indifese e contrastato, con la sua penna e il suo esempio, le diseguaglianze. Le sue poesie, scritte con un linguaggio altamente erotico, hanno spesso una natura politica. 

Nella sua epica vita, costituita da grandi sfide e incontri, ha anche subito, vincendolo, un processo per stregoneria.

Nata a Venezia, il 25 marzo 1546, era l’unica femmina dei quattro figli di Francesco Franco e Paola Fracassa. La sua famiglia apparteneva alla classe dei cittadini originari, un livello sociale a metà strada tra i nobili e il popolo.

In un’epoca in cui l’istruzione era riservata soltanto ai maschi, si è formata partecipando alle lezioni private impartite ai fratelli, raggiungendo un ottimo livello culturale frutto anche di quello che aveva appreso nei circoli culturali di cui ha fatto parte.

Aveva sedici anni quando venne data in sposa a Paolo Panizza, un medico dall’età avanzata, che due anni dopo, chiese l’annullamento delle nozze disconoscendo il figlio Achille, nato nel 1564.

Dopo la rottura col marito non le rimase altro che diventare cortigiana, tra i suoi clienti c’erano nobili, prelati, intellettuali e artisti.

Frequentando gli ambienti più influenti e potenti della città, desiderosa di avere il suo posto in una società bigotta e ipocrita, ha studiato per migliorare la sua arte nella conversazione e nella poesia, ottenendo a 20 anni la sua formale iscrizione nel Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia.

Nel 1570 è entrata a far parte di uno dei circoli letterari più famosi della città, partecipando alle discussioni, facendo donazioni e curando antologie di poesia.

Nel 1575, anno in cui venne pubblicato il volume Terze rime, a seguito dei disordini sociali scoppiati all’inizio dell’epidemia di peste, ha subito il saccheggio della sua casa e la perdita dei suoi possedimenti.

Nel 1577 aveva proposto al consiglio cittadino di fondare una casa per prostitute e donne indigenti, ma non era riuscita a raccogliere consensi e finanziamenti.

La sua vita è stata ricca di eventi e colpi di scena, come la diatriba con Maffio Venier, poeta vernacolare di antica e potente famiglia, che l’aveva insultata con versi anonimi. Scoperto il vero autore dei versi ingiuriosi lo aveva sfidato prima a un duello d’armi e poi in una gara di versi da lui declinata, forse intimorito dall’influenza della sua rivale. Il disappunto dell’uomo, noto per la sua misoginia, era probabilmente dovuto al fatto che, con la sua sapiente opera di auto promozione sociale e con la protezione di cui godeva, ella sfuggiva alle norme che regolavano la prostituzione veneziana.

Nel 1580 ha pubblicato le Lettere familiari a diversi e, nell’ottobre dello stesso anno, ha subito un processo davanti all’Inquisizione, accusata dal precettore Ridolfo Vannitelli di reati connessi alla stregoneria. La sua servitù, forse per coprire le proprie ruberie, aveva testimoniato di averla vista praticare incantesimi, mangiare carne di venerdì e tenere una bisca in casa.

Gli atti del processo, che sono ancora conservati, rivelano una società misogina e bigotta, che tollerava simonie, stupri e soprusi ma trovava meritevole di morte una donna che mangiava la carne di venerdì.

Innanzi al tribunale del Sant’Uffizio venne identificata come Veronica Franca publica meretrice. Pur difendendosi brillantemente durante il processo, venne assolta grazie alla testimonianza di illustri personaggi della Repubblica di Venezia di cui lei conosceva parecchi segreti.

Dopo il processo, tutti i suoi clienti della nobiltà veneziana la esclusero da ogni consesso e non ha più pubblicato altri scritti.

Sebbene abbia vissuto circondata dagli agi per la maggior parte della sua vita, non ha mai potuto godere delle protezioni e dei riconoscimenti accordate alle donne “rispettabili”, anche se le venne tributato il titolo di “poetessa”.

È morta a Venezia il 22 luglio 1591, aveva lasciato i pochi averi che le erano rimasti a due giovani povere che desideravano riscattarsi dalla vita di meretrice.

Ripescata dalla critica letteraria da oltre un secolo e molto apprezzata da Benedetto Croce, Veronica Franco sconta ancora una condanna all’oblio che cancella i suoi meriti artistici e le moderne intuizioni.

Rivendicava la dignità di qualsiasi persona, anche di chi vende il proprio corpo. «La vergogna – diceva – è nell’alterigia di chi compra».

La sua vita, oggetto di diversi studi e recenti libri, è stata raccontata in modo libero e romanzesco nel libro di Margaret F. Rosenthal The Honest Courtesan da cui, nel 1998, è stato tratto il film Padrona del suo destino (Dangerous Beauty).

Siamo donne costrette a mangiare con l’altrui bocca, a dormire con gli occhi altrui, a muoversi secondo l’altrui desiderio.

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