Tamara de Lempicka è la pittrice icona degli sfavillanti e sfrenati lussi di Parigi negli anni Venti del Novecento.
In pieno stile Art Déco ha riportato sulla tela personaggi della sua quotidianità adornati da abiti all’ultima moda e gioielli dispendiosi.
La particolarità delle sue opere risiede nell’unione di elementi moderni con uno stile che richiama la ieraticità e plasticità delle statue antiche. Le sue figure possenti sono realizzate con linee pulite e nette, i colori vivaci ma applicati con pennellate piatte e compatte, che esaltano le volumetrie.
Verso gli anni Quaranta, in concomitanza con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Tamara de Lempicka cambiò temi e stili della sua pittura virando verso tematiche di tipo religioso e umanitario, spesso non incontrando il favore della critica, che tuttavia la riscoprì poi negli anni Settanta.
Tamara de Lempicka nacque col nome di Maria Gurwik-Górska a Varsavia il 16 maggio 1898, da madre polacca e padre ebreo russo che abbandonò la famiglia quando lei era ancora una bambina. Una figura molto importante nella sua crescita fu la nonna Clementine, che la influenzò culturalmente spingendola a dipingere sin da giovanissima e le fece frequentare scuole prestigiose. Dopo la morte della nonna, nel 1907, si trasferì a San Pietroburgo dove, nel 1916, sposò un giovane avvocato Tadeusz Lempicki, da cui prese il cognome con cui è conosciuta.
A causa dei tumulti legati alla Rivoluzione Russa, nel 1918, la coppia si trasferì a Parigi dove lei incominciò a lavorare come disegnatrice di cappelli mentre frequentava i corsi di pittura dell’Académie de la Grande Chaumiere e dell’Académie Ranson. Ha esposto pubblicamente per la prima volta nel 1922 al Salon d’Automne.
Diventata, in breve tempo, un punto di riferimento della vita artistica e mondana parigina, iniziò a costruirsi l’immagine di donna dedita agli sfrenati divertimenti. Si lasciò andare pubblicamente a storie passionali anche con altre donne che ritrasse in alcune sue opere. Andò a studiare le opere della classicità in Italia nel 1925, dove ebbe modo di allestire una mostra personale a Milano e dove conobbe Gabriele d’Annunzio, a cui fece un ritratto, e Filippo Tommaso Marinetti, che contribuì a farla conoscere al grande pubblico.
Separata dal primo marito, si risposò di nuovo nel 1933 con il barone Raoul Kuffner de Diószegh. Dopo numerosi viaggi per l’Europa, all’inizio della seconda guerra mondiale si stabilì con la famiglia a Beverly Hills in California. Questa nuova vita oltreoceano coincise tuttavia con una sua crisi esistenziale che la portò a impegnarsi in attività umanitarie e di solidarietà.
Negli Stati Uniti ha esposto in diverse gallerie tra New York, Los Angeles e San Francisco. Nel 1957, dopo un periodo di inattività, espose a Roma, alla Galleria Sagittarius ma venne accolta freddamente dalla critica.
Dopo la morte del secondo marito, nel 1962 si trasferì in Texas per poi tornare a Parigi dove venne rivalutata e tornò alla ribalta.
Nel 1978 si trasferì in Messico, a Cuernavaca. dove è morta il 18 marzo 1980.
I dipinti di Tamara de Lempicka sono profondamente connessi con il suo stile di vita, restituendo un’immagine sfavillante degli anni Venti a Parigi. In particolare, furono molto celebri i suoi ritratti in pieno stile Art Déco di varie personalità dell’aristocrazia e dell’alta borghesia parigina, tra uomini in abiti eleganti e donne ricoperte di gioielli e adornate con cappelli, guanti e voluttuosi foulard. Non mancano gli status symbol più in voga all’epoca, come automobili, mete lussuose come Saint Moritz e lo skyline di New York. Il lusso e lo sfarzo venivano spesso accompagnati anche dalla sensualità e dal fascino, fino a virare verso l’erotismo. Protagoniste erano spesso donne dall’aria malinconica e irraggiungibile, altezzose e in atteggiamenti provocanti. Nelle sue opere ricorrono infatti più o meno gli stessi colori.
Imponenti figure ieratiche occupano quasi tutto lo spazio della tela e sono poste davanti a fondali neutri, sui toni del grigio, così da risaltare ulteriormente. Proprio come le statue antiche, si trovano spesso dei drappeggi, che a volte sono riprodotti in senso letterale, a volte invece vengono richiamati dalle balze dei vestiti o dalle pieghe dei foulard, modernizzandoli al massimo.
Il suo Autoritratto, del 1929, vera e propria icona dell’epoca, venne utilizzato in diverse occasioni a rappresentare il simbolo dell’indipendenza e dell’emancipazione femminile, nonché del mito della velocità tipico di quegli anni. Si è ritratta, infatti, a bordo di un’automobile Bugatti decappottabile, vestita di tutto punto con guanti e foulard che riparano collo e testa dal vento. Il suo sguardo è fiero e in contrasto con la morbidezza dei lineamenti del volto e con le linee geometriche date dal movimento del foulard con il vento. Nei suoi lavori emergono influenze a lei contemporanee, come il Futurismo e il Cubismo, suo maestro è stato il pittore post-cubista costruttivista e sintetico André Lhote.
Tamara De Lempicka sulle sue tele ha rappresentato il suo quotidiano nelle diverse fasi della sua esistenza, l’erotismo e l’amore saffico, così come le suore nella sua fase più mistica. Ha anche ritratto il suo psichiatra nelle vesti di Sant’Antonio.
Le sue opere sono presenti in alcuni importanti musei europei ma la maggior parte appartiene a collezioni private.
In Italia non compaiono in nessuna collezione pubblica, pertanto si possono ammirare esclusivamente in occasione di mostre a lei dedicate.
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