Soraya Chemaly, scrittrice femminista, il suo lavoro si concentra sul ruolo del genere in politica, religione, cultura e nei media.
Nominata da Elle tra le 25 donne più stimolanti da seguire su Twitter, nel 2014, scrive per numerose testate tra cui Time, The Guardian, Huffìngton Post, The Atlantic e Ms Magazine.
La sua narrazione brillante e incisiva, la ricerca attenta e le analisi piene di umorismo sono state descritte dal New Yorker come “implacabili e rivelatrici“.
Dirige l’associazione Women’s Media Center Speech Project che promuove la libertà di espressione e l’impegno civile e politico femminile.
Nata in Florida nel 1966 discende da arabi cristiani provenienti da Giordania e Libano emigrati a Haiti negli anni ’20. È cresciuta alle Bahamas, dove i suoi genitori possedevano una catena di negozi. Si è laureata con lode in storia studi di genere alla Georgetown University di Washington, nel 1988. Quando era una studentessa ha fondato la rivista femminista The New Press.
Fino al 2010 ha lavorato per quindici anni come dirigente e consulente marketing nei settori della tecnologia dei dati e dei media.
Tra i tanti premi ricevuti per il suo impegno ci sono il Donna Allen Award for Feminist Advocacy, il Secular Woman Feminist Activism Award, il Women and Media Award e il Mirror Award per il suo rapporto investigativo sulla libertà di parola e la moderazione dei contenuti in rete.
Il suo primo libro è Rage Becomes Her: The Power of Women’s Anger, in italiano La rabbia ti fa bella. Il potere della rabbia femminile, un esame critico della costruzione sociale della rabbia e dei suoi effetti sulla vita delle donne. Un libro che esorta le donne ad abbracciare la propria rabbia e usarla come strumento per un cambiamento personale e sociale.
Eletto come miglior libro del 2018 dal Washington Post, è stato tradotto in varie lingue.
Le sue motivazioni vengono documentate con tesi e dati scientifici che riportano secoli di oppressione sociale. La rabbia diventa uno sfogo salutare ma soprattutto una lotta di genere, contro tutti gli stereotipi e i giudizi che classificano le donne sempre “troppo”: magre o grasse, sensibili o ciniche, troppo materne o troppo poco, puttane o puritane. Proclamare questa rabbia è l’unico strumento contro una società che ci fa sentire in colpa per ciò che siamo.
È una donna le cui parole contano e fanno rumore, ha guidato campagne di successo incentivando le aziende ad affrontare l’odio e le molestie online, la moderazione e la censura dei contenuti restrittivi e i pregiudizi istituzionali che influenzano la libertà di parola.
#unadonnalgiorno