Silvia Curione è la magistrata che ha fatto arrestare il capo della Procura di Taranto (ora ai domiciliari). Lo ha fatto rischiando tutto e mettendosi contro i poteri forti, quelli veri.
Da sola ha scardinato un sistema di potere basato su intimidazione, corruzione e patriarcato.
È stata lei la prima e unica a denunciare, in un clima di paura e omertà, l’attuale procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo che, insieme ad altri, le aveva fatto pressioni di ogni genere – anche a sfondo sessuale – per indurre lei, Sostituta Procuratrice, a perseguire in sede penale una persona senza che esistessero i presupposti.
Per mesi Silvia Curione è stata oggetto di ogni genere di commenti, avance e apprezzamenti svilenti, penosi. Ogni giorno Capristo le diceva: “Ricordati che sei solo una bambina”. “Ricordati che sei mia.”
La sua denuncia ha scardinato un sistema di potere che è caduto con un effetto domino: due magistrati, un poliziotto, tre imprenditori.
Lei, una pm che ha firmato indagini su mafie, criminalità organizzata e su alcuni dei casi più duri e complessi degli ultimi anni, trattata come una bambolina da un potere maschile che pensava di poterne disporre come di una cosa propria.
Per mesi Silvia ha incassato, apparentemente subìto. È rimasta in silenzio, e intanto annotava tutto: i fatti e le parole; i commenti e la manipolazione. Poi, al momento giusto, ha denunciato l’intero sistema caduto rovinosamente.