Voglio essere ricordata come una donna che ha osato essere catalizzatrice di un cambiamento. Non voglio passare alla storia come la prima deputata nera della nazione o la prima donna nera deputata. Mi piacerebbe che dicessero che Shirley Chisholm aveva fegato.
Politica, attivista, educatrice, Shirley Chisholm, è stata la prima donna nera eletta al Congresso degli Stati Uniti.
Unbought and Unbossed, (Non comprata e non comandata) è stato il suo motto che l’ha accompagnata per tutta la vita e che voluto anche sulla tomba.
Prima, durante e dopo i sette mandati alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, dal 1969 al 1983, si è sempre schierata in difesa dei diritti donne e delle minoranze, per la tutela dell’educazione pubblica, dell’infanzia e della sanità, contro le guerre e per giusti salari. Spesso isolata, inimicandosi il suo stesso partito.
Shirley Anita St. Hill nacque a Brooklyn, New York, il 30 novembre 1924, era la maggiore di quattro figlie di genitori immigrati, Charles St. Hill, operaio della Guyana e Ruby Seale, sarta delle Barbados.
Dal 1929 al 1934 ha vissuto dalla nonna in un piccolo villaggio di Barbados, dove ha iniziato le scuole elementari e preso l’accento che l’ha contraddistinta per tutto il resto della sua vita. Tornata a New York ha dovuto affrontare pregiudizi e discriminazioni perché troppo intelligente e troppo combattiva, oltre che nera.
Dopo il diploma alla Brooklyn Girls’ High School, le erano state offerte borse di studio per atenei prestigiosi, ma non potendo gravare sulla famiglia, aveva scelto di frequentare il Brooklyn College, dove si era laureata in lettere con specializzazione in sociologia e spagnolo. All’università aveva vinto diversi premi nella squadra di dibattito e fatto parte della Harriet Tubman Society, dove è iniziato il suo attivismo.
Nel 1949 ha sposato Conrad Q. Chisholm, un investigatore privato da cui aveva preso il cognome che ha portato anche dopo il divorzio, avvenuto nel 1977.
Il suo primo lavoro è stato come insegnante di scuola materna, di sera studiava per il Master in educazione della prima infanzia che ha conseguito alla Columbia University, nel 1951.
È stata direttrice di diverse scuole e poi consulente educativa della New York City Division of Day Care diventando presto un’autorità in materia di istruzione precoce e benessere infantile.
Si è avvicinata alla politica all’inizio degli anni Cinquanta, raccogliendo le istanze delle proteste contro la segregazione razziale e la necessità di portare sempre più donne in rappresentanza.
Ha fatto parte della League of Women Voters, National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), Urban League e della sezione locale dei Democratici, da dove ha iniziato effettivamente la sua carriera.
Il suo equilibrio e intelligenza sono stati fondamentali nel delicato lavoro di far comprendere le urgenze più radicali all’establishment, tanto da diventare l’unica interlocutrice credibile per mediare tra il sistema e gruppi come le Black Panthers.
Nel 1960, ha contribuito a formare The Unity Democratic Club, organizzazione interrazziale tra le cui missioni spiccava l’educazione della cittadinanza al processo politico, per spiegare quanto incidesse sulle loro vite, spingendo le persone a registrarsi e a votare.
Ha aderito all’atto fondativo del movimento femminista National Organization for Women ed è stata presidente della sezione di Brooklyn di Key Women of America.
Teneva insieme la lotta femminista con quella di classe. Portava la sua prospettiva di donna nera, figlia di immigrati della classe operaia.
Nel 1964 si è autofinanziata una durissima campagna elettorale estiva strada per strada con un messaggio chiave: voglio servire la mia comunità da dove si giostra il comando. Ha vinto con 18151 voti, con un margine ampio nella corsa a tre contro il candidato liberale e quello repubblicano.
Un prodotto di quella politica è stato la Bedford-Stuyvesant Restoration Corporation, il primo modello di associazione no profit negli Stati Uniti per lo sviluppo di una comunità, per migliorare le condizioni di vita e le opportunità di occupazione in quell’area depressa di Brooklyn.
Ha fatto parte dell’Assemblea dello Stato di New York per tre legislature dove ha presentato cinquanta progetti di legge, di cui otto vennero approvati.
I programmi del suo Seek (Search for Education, Elevation, Knowledge) sono componenti integranti della vita accademica della City University of New York e della State University of NYC. Ha condotto un’accesa battaglia contro i finanziamenti alle scuole private e si è spesa invano per un progetto di legge che voleva rendere obbligatorio, per diventare poliziotti, la frequenza accademica di corsi sui diritti e sulle libertà civili per una cultura del rispetto delle minoranze e dei rapporti interrazziali.
Nel 1968, è stata eletta come rappresentante del Comitato Nazionale Democratico dopo dieci mesi di campagna elettorale durissima trascorsa a raccontare la sua storia di giovane donna immigrata che aveva deciso di sfidare e battere il proprio grande partito. In quel contesto ha coniato lo slogan: Fighting Shirley Chisholm – Unbought and Unbossed. Un manifesto vincente per dire: il mio voto non è in vendita, sono emancipata dalla schiavitù e dal colonialismo e sono una donna forte che non si fa comandare tanto a casa quanto nell’organizzazione politica.
È stata una delle fondatrici del National Women’s Political Caucus nel 1971 e, nel 1977, la prima donna nera e seconda in assoluto a far parte del potente House Rules Committee la commissione che stabilisce come viene dibattuta e emendata ogni proposta di legge.
Nel 1972 si è candidata alle presidenziali senza riuscire ad aggiudicarsi le primarie del Partito Democratico. In questo periodo, è sopravvissuta a tre tentativi di omicidio.
Era osteggiata dall’establishment del partito che voleva promuovere candidati maschi e dagli stessi uomini della comunità nera, che non vedevano di buon occhio una donna in politica. Aveva contro anche i media che la descrivevano come una femminista nera arrabbiata.
È stata la prima donna a partecipare ad un dibattito televisivo per le presidenziali, solo dopo aver fatto ricorso, perché le venivano negati gli spazi pubblici. “Quando mi sono candidata al Congresso, quando mi sono candidata alla presidenza, ho incontrato più discriminazioni come donna che come nera. Gli uomini sono uomini” ha affermato.
Al Congresso ha lavorato per migliorare le opportunità per i residenti, sostenuto l’aumento della spesa per l’istruzione, l’assistenza sanitaria e i servizi sociali. Si è occupata di garantire il salario minimo e si è concentrata sulla discriminazione contro le donne e sui diritti delle popolazioni native.
Si è spesa per la revoca dell’Internal Security Act del 1950 e si è opposta alla guerra del Vietnam e all’espansione dello sviluppo delle armi. È stata una fervente oppositrice della leva militare e ha chiesto un trattamento migliore per i rifugiati haitiani.
Nel 1979 è stata una delle protagoniste della raccolta di figurine da collezione Supersisters, che aveva l’obiettivo di proporre modelli femminili di successo in campo politico, sportivo, sociale e culturale.
Ritiratasi dal Congresso nel 1983, ha insegnato al Mount Holyoke College, ha contribuito a fondare il National Political Congress of Black Women e l’organizzazione Donne afroamericane per la libertà riproduttiva.
Si è trasferita in Florida e nel 1993, ha rifiutato la nomina di Bill Clinton che la voleva ambasciatrice in Giamaica per problemi di salute. Nello stesso anno è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame.
Nonostante l’allontanamento dalla scena pubblica e la salute cagionevole, non ha mai fatto mancare la sua voce su temi importanti.
È morta il 1° gennaio 2005, nella sua casa di Ormond Beach, in Florida.
Sulla sua vita sono stati tratti film e documentari.
Al Brooklyn College c’è un progetto che porta il suo nome per promuovere programmi di ricerca sulle donne. Lo Shirley Chisholm Legacy Project mira a promuovere la giustizia climatica e affrontare le sfide interconnesse tra ambiente, povertà, discriminazione razziale e disuguaglianza di genere.
A Brooklyn c’è una statua che la ricorda.