Per tutta la mia carriera mi sono occupata di donne, la mia è stata ed è un’ossessione, ma sicuramente una di quelle più magnifiche.
Shirin Neshat nata in Iran nel 1957, è la più celebre fotografa e video artista del suo paese.
Si è imposta a livello internazionale come una delle artiste contemporanee più rappresentative nell’esplorare la complessità delle condizioni sociali all’interno della cultura islamica, rivolgendo uno sguardo particolare al ruolo ricoperto dalla donna.
La condizione della donna, il suo rapporto con il mondo maschile e più in generale quello della cultura orientale con quella occidentale sono diventati i nodi centrali della sua ricerca artistica.
Shirin Neshat salda la propria biografia alla ricerca artistica. Poco prima che, nel 1979, l’Iran diventasse una repubblica islamica a seguito della rivoluzione komehinista, aveva abbandonato il suo paese e si era trasferita negli Stati Uniti per studiare arte, prima a San Francisco e poi a Berkeley, prima di stabilirsi definitivamente a New York, città che è divenuta la sua casa.
Nel 1990 Shirin Neshat visita di nuovo l’Iran, questo soggiorno sarà per lei estremamente significativo: lo shock che prova davanti alle trasformazione cui è andato incontro il suo paese rispetto ai ricordi dell’adolescenza, insieme con la necessità di confrontarsi con le proprie radici culturali, la porteranno a sviluppare una serie di cicli fotografici.
I suoi primi lavori (Women of Allah, 1993–97) sono fotografie in un nitido bianco e nero, che diventerà uno dei tratti distintivi della sua ricerca in campo fotografico. Immagini di donne velate, primi piani di parti del corpo femminile come volti, mani e piedi, sulle quali l’artista sovrascrive versi di poetesse iraniane contemporanee, come quelli di Forough Farrukhzād, che mettono in discussione le qualità stereotipe associate alle donne musulmane.
Le sue immagini di donne sono altamente poetiche e allo stesso tempo molto sensuali.
Nelle opere di Shirin Neshat c’è sempre una denuncia, ma quel che si respira è soprattutto apertura, accoglienza e unione. Per l’artista i muri non esistono e se ci sono, lei li abbatte sempre, almeno con e nelle sue opere.
Le sue eleganti e rigorose costruzioni filmiche le sono valse, nel 2009, il Leone d’Argento per la migliore regia alla Mostra del Cinema di Venezia con il lungometraggio Uomini senza donne. Sempre a Venezia, ma nell’ambito della Biennale d’Arte, già nel 1999 Shirin Neshat aveva ricevuto il Leone d’Oro come migliore artista internazionale.
Nei suoi lavori ha sempre impostato un discorso figurativo poetico, capace di scuotere chi li guarda con immagini e muti racconti, tutte espressioni di problematiche che, seppur connesse con l’islamismo, ne oltrepassano i confini.
Il suo sguardo evita il giudizio per concentrarsi sulle molteplici sfaccettature culturali, sociali e psicologiche delle sue figure di donne.
La sua ricerca sulla figura femminile, che contraddistingue gran parte del lavoro dell’artista iraniana – quindi le dimensioni dell’esistenza e della socialità come palcoscenico – ha trovato espressione anche nell’installazione La Vita è Teatro, il Teatro è Vita, che ha concepito per la Stazione Toledo della Metropolitana di Napoli.
#unadonnalgiorno