Sarah Hegazy, egiziana, 30 anni, femminista e attivista LGBTQI+, è stata trovata morta suicida il 14 giugno 2020, nella sua casa in Canada, dove ha vissuto in esilio dal 2018.
Il 22 settembre 2017, durante il concerto dei Machrou Laila, Sarah Hegazy e un amico, Ahmed Alaa, avevano sventolato la bandiera arcobaleno. L’immagine era finita sui media nazionali e i leader religiosi avevano chiesto punizioni severe per i due attivisti. Il motivo dell’arresto era stato che avrebbe promosso devianza e dissolutezza sessuale.
Come persona Trans MtF era stata messa in un carcere maschile, dove ha subito torture e violenze. Dopo pressioni internazionali, era stata liberata e andata in Canada, dove aveva continuato a lottare per liberare altre persone Lgbtq+ in Egitto.
Siamo stati orgogliosi di tenere la bandiera. Non avremmo immaginato la reazione della società e dello stato egiziano. Per loro, ero una criminale, una che cercava di distruggere la struttura morale della società.
La traumatica esperienza dei tre mesi in prigione l’aveva stravolta fisicamente e emotivamente, causandole un grave disturbo post traumatico da stress e un tentativo di suicidio fallito.
Sebbene l’omosessualità non sia un crimine in Egitto, rientra nella giurisdizione delle leggi che vietano “pensiero deviante, promozione dell’immoralità e atti contrari alla morale pubblica” e la società tratta le persone omosessuali come reiette.
Sarah Hegazy stava fondando il partito Live and Freedom. Su Instagram si definiva: Super Comunista, Super gay e Femminista. Distruggi il patriarcato, distruggi il capitalismo.
Nel suo ultimo post è distesa su un prato, sorride, strizza gli occhi per la luce e scrive: “Il cielo è meglio della Terra. E io voglio il cielo, non la Terra”.
Questa giovane donna non ha retto un mondo che non le piaceva e che non riusciva a cambiare, nonostante ci provasse con tutti i suoi mezzi.
#unadonnalgiorno