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Rosa Parks eroina dei diritti civili dei neri

Rosa Parks icona boicotaggio autobus Montgomery

Era una donna nera di quarantadue anni che faceva la sarta. Grazie a un suo rifiuto di alzarsi ebbe inizio la battaglia non violenta per i diritti civili degli afroamericani che investì tutti gli Stati Uniti.

La donna in questione è Rosa Parks, all’anagrafe Rosa Louise McCauley, nata il 4 febbraio 1913 in un’umile famiglia di confessione metodista in una cittadina vicino Montgomery. A diciannove anni, nel 1932, aveva sposato Raymond Parks, barbiere che faceva parte del movimento per i diritti civili. Dividendosi tra il lavoro di sarta e l’attivismo politico al fianco del marito, si distinse per il supporto offerto a nove ragazzi afroamericani (gli Scottsboro Boys) accusati ingiustamente di aver violentato due prostitute bianche.

Dal 1943 venne nominata segretaria della sezione locale della Naacp, Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore. A supportare le battaglie dell’associazione contribuirà, dal 1954, anche un giovane pastore protestante sconosciuto ai più, Martin Luther King. L’uomo, che diventerà uno dei leader più celebri nella storia del movimento per i diritti degli afroamericani, all’epoca era al suo primo impiego, presso la chiesa battista di Dexter Avenue di Montgomery.

Montgomery, Alabama, il 1° dicembre 1955: terminata la giornata lavorativa, Rosa Parks prese l’autobus 2857, diretta a casa. Era seduta in una fila centrale, dopo poche fermate salì un passeggero bianco, il conducente le chiese di alzarsi per lasciargli il posto, come imponevano le regole.

I neri dovevano sedere dietro, i bianchi davanti, mentre i posti centrali erano misti e si potevano usare solo se tutti gli altri erano occupati, ma la precedenza spettava sempre ai bianchi. Rosa Parks conosceva bene le regole, ma quel giorno rifiutò di alzarsi e cedere il suo posto. Quel rifiuto l’ha trasformata all’improvviso in un’eroina dei diritti dei neri, impegnati nella lotta contro la segregazione che opprimeva l’Alabama e altri Stati del Sud, divenendo il propellente di una storica protesta che fu tanto rabbiosa quanto non violenta.

La politica di segregazione nelle regioni meridionali degli Usa era un’eredità dello schiavismo in vigore fino al 1865, anno in cui venne abolito dal XIII emendamento alla Costituzione. Da quel momento in poi, nel Sud connotato da un forte razzismo presero forma alcune norme locali, dette “leggi Jim Crow” (nomignolo dispregiativo usato per indicare la popolazione nera) che diedero vita a un sistema in cui i neri erano considerati “separate but equal”, “separati ma uguali”. Era un sistema rigido che teneva i neri separati dai bianchi nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto. Relegava i neri in scuole di livello inferiore, li escludeva da molte occupazioni e prevedeva salari più bassi. Ma soprattutto ogni stato elaborava stratagemmi legali per impedire ai neri di registrarsi per votare

Il pieno diritto al voto arriverà solo nel 1965 con il Voting Rights Act, che insieme al Civil Rights Act abrogò le Jim Crow laws.

La segregazione conteneva un paradosso: la legislazione del sud obbligava a mantenere a uso esclusivo dei neri una serie di spazi pubblici molto eterogenei (chiese, bar, associazioni ricreative, barbieri e beauty shop) e quindi permetteva agli afroamericani di avere luoghi in cui potersi nascondere e organizzare all’insaputa dei bianchi, senza dover ricorrere a stratagemmi. Un fenomeno che riguardava in modo particolare le donne, spesso escluse dai livelli dirigenti delle organizzazioni per i diritti civili.

Quando il primo dicembre 1955 si verificò l’episodio del bus, Rosa Parks era ormai giunta allo stremo della sopportazione per il trattamento riservato alla sua gente, tanto che anni dopo scriverà: «Dicono sempre che non ho ceduto il posto perché ero stanca, ma non è vero. Non ero stanca fisicamente, non più di quanto lo fossi di solito alla fine di una giornata di lavoro. No, l’unica cosa di cui ero stanca era subire».

Dopo il rifiuto di alzarsi l’autista chiamò le forze dell’ordine per risolvere la faccenda. Rosa Parks fu incarcerata per “condotta impropria”, ma poche ore dopo l’arresto, venne rilasciata grazie alla cauzione pagata da Clifford Durr, avvocato bianco vicino alle posizioni dei neri.

Rosa Parks fu la scintilla e poi la bandiera della protesta afroamericana negli stati del Sud, personaggio chiave che da oltre mezzo secolo ispira la letteratura mondiale.

A prendere in mano le redini della protesta non violenta della popolazione afroamericana di Montgomery fu una donna, Jo Ann Robinson, presidente di Women’s Political Council associazione femminile afroamericana, che notte fra il 1° e il 2 dicembre 1955, stilò un breve comunicato anonimo, nel quale invitava la cittadinanza nera a non prendere gli autobus il 5 dicembre, giorno del processo a Rosa Parks. Il volantino venne stampato in diecimila copie e con l’aiuto di studenti e colleghi, utilizzò di nascosto il centro stampa del college e all’alba venne organizzata la distribuzione presso scuole, negozi, birrerie, saloni di bellezza e barbieri. Alle due del pomeriggio ogni volantino era stato passato più volte di mano: «Praticamente ogni uomo, donna o ragazzo nero a Montgomery conosceva il progetto e faceva passaparola. Nessuno sapeva da dove fossero venuti i volantini o chi li avesse fatti circolare, e a nessuno importava. Nel profondo del cuore di ogni persona nera vi era una gioia che non osava rivelare», raccontava tempo dopo Jo Ann Robinson.

Grande sostegno ci fu nei saloni di parrucchiere ed estetiste, attiviste dei diritti civili, più acculturate e indipendenti di altre lavoratrici, dove aiutavano le clienti nell’alfabetizzazione, spiegando loro le pratiche per votare e invitandole anche a non imitare le acconciature delle bianche.

In poche ore, tutta la comunità nera di Montgomery seppe del boicottaggio, che si decise di non limitare a un solo giorno: bisognava procedere a oltranza, finché non fossero state accettate proposte «minime» come quella di poter prendere posto sui bus «secondo l’ordine di salita».

Il 5 dicembre, giorno del processo, in un’affollata assemblea tenuta in chiesa, a Rosa Parks non venne data la parola ma fu Martin Luther King a sottolineare la sua reputazione di buona cittadina. Una rispettabilità inattaccabile, quella più compatibile con la definizione della femminilità nel dopoguerra, in cui la maggior parte degli afroamericani tentavano di aderire ai valori della società dominante per ritagliarsi uno spazio personale e professionale anche nel mondo segregato del sud. La donna divenne una sorta di bandiera della causa per la desegregazione dei mezzi pubblici di Montgomery e poi un’icona del movimento.

Intorno alla vicenda di Rosa si creò una mobilitazione della comunità nera: 40mila persone fra chiese, associazioni, donne di ogni estrazione sociale e durò fino al 26 dicembre 1956: un totale di 381 giorni, durante i quali i tassisti neri sostennero la protesta abbassando le tariffe al livello dei biglietti dei bus.

Gli eventi di Montgomery ebbero visibilità in tutto il Paese, passando alle cronache come la più importante manifestazione non violenta del movimento per i diritti civili.

Il boicottaggio funzionò: senza i ricavi dei biglietti dei neri (i maggiori utenti degli autobus), le casse dell’azienda dei trasporti andarono in rosso. Nel frattempo, del caso Parks si occupò la Corte Suprema degli Stati Uniti, che il 13 dicembre 1956, all’unanimità, dichiarò incostituzionale la segregazione sui mezzi pubblici.

Come c’era da aspettarsi, Rosa Parks iniziò a subire ritorsioni dagli ambienti bianchi, finché, perso il lavoro, si trasferì a Detroit.

Nel 1965 divenne segretaria del democratico John Conyers, membro del Congresso, e nel 1987, in memoria del defunto marito, fondò il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development, ancora attivo, nato per «educare e stimolare persone giovani e adulte, in particolare afroamericane, per il miglioramento di se stesse e dell’intera comunità».

Nel 1999 ottenne la medaglia d’oro del Congresso, massimo riconoscimento civile, il presidente Bill Clinton disse che lei quel primo dicembre 1955, «mettendosi a sedere, si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità dell’America».

Rosa Parks si spense il 24 ottobre 2005.

Due anni prima, l’Henry Ford Museum di Dearborn, a poche miglia da Detroit, aveva acquisito il famigerato bus 2857. Al suo interno, nel 2012, verrà scattata una storica foto a Barack Obama, primo presidente americano di pelle nera, in ricordo di quando Rosa, con un semplice «no», aveva contribuito a rendere il mondo un luogo migliore.

#unadonnalgiorno

 

 

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