Rita Levi Montalcini è sicuramente la nostra scienziata più famosa. Neurologa e accademica, il suo nome è tra i più illustri del mondo. È stata anche partigiana e illustre paladina dei diritti civili.
Ha ricevuto anche diverse lauree Honoris Causa all’Università di Uppsala, al Weizmann Institute di Israele, alla Saint Mary University, alla Constantinian University, alla Bicocca di Milano e al Politecnico di Torino.
È stata la prima donna di scienza insignita del Premio Max Weinstein, assegnato dallo United Cerebral Palsy Association per l’eccezionale contributo nella ricerca neurologica.
Rita Levi Montalcini è nata a Torino, il 22 aprile 1909, in una famiglia ebrea sefardita. Tra le mura domestiche ha respirato il profumo della scienza. Suo padre Adamo Levi, era ingegnere elettrotecnico e matematico, sua madre Adele Montalcini, pittrice, è la sorella minore assieme alla gemella Paola di Gino e di Anna. I genitori, molto colti, instillarono nei figli il proprio apprezzamento per la ricerca intellettuale. Ha trascorso infanzia e adolescenza in un ambiente sereno ma dominato dalla forte personalità del padre convinto che una carriera professionale avrebbe interferito con i doveri di moglie e di madre. Nonostante l’opinione contraria del genitore, si iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino; scelta determinata anche dalla morte per cancro della sua amata governante Giovanna Bruatto.
È stata una delle più illustri allieve di Giuseppe Levi, celebre medico maestro di altri premi Nobel e padre della scrittrice Natalia Ginzburg.
Rita Levi Montalcini si è laureata in Medicina e Chirurgia a Torino nel 1936, specializzata in Neurologia e Psichiatria. Fu assistente volontaria nella clinica delle malattie nervose e mentali dal 1º gennaio 1938, ma per effetto delle leggi razziali venne sospesa. Poté completare gli studi senza borsa di studio in quanto già regolarmente iscritta e non fuori corso, ottenendo il diploma di specializzazione in neuropatologia e psichiatria.
A causa delle leggi razziali, fu costretta a emigrare in Belgio nel 1939. Tornata in Italia durante l’inverno del 1940, allestì un laboratorio domestico nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche.
La sua famiglia sopravvisse all’Olocausto restando nascosta a Firenze, erano divisi in vari alloggi e cambiarono spesso abitazione, fino a quando la città venne liberata. Nel periodo dell’occupazione nazista, a Firenze, la scienziata entrò in contatto con le forze partigiane del Partito d’Azione.
Nell’agosto 1944 operò come medica nel campo dei rifugiati di guerra. Alla fine della guerra tornò con la famiglia a Torino dove riprese gli studi accademici grazie all’aiuto di Giuseppe Levi.
È stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze.
Nel 1958 venne nominata professoressa ordinaria di Zoologia alla Washington University di St. Louis e, nonostante inizialmente volesse rimanere in quella città solo un anno, vi restò fino al 1977.
La prima metà degli anni settanta l’ha vista partecipe dell’attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell’aborto.
Nel 1987, l’allora Presidente Usa Ronald Reagan le conferì la National Medal of Science, l’onorificenza più prestigiosa nel panorama scientifico americano. Nello stesso anno viene data alle stampe la sua autobiografia, Elogio dell’imperfezione.
Nonostante la carriera negli Stati Uniti fu molto attiva anche in Italia. Dal 1961 al 1969 diresse il Centro di Ricerche di Neurobiologia presso l’Istituto Superiore di Sanità; dal 1969 al 1979 fu Direttrice del Laboratorio di Biologia cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Dopo essersi ritirata da questo incarico “per raggiunti limiti d’età” proseguì i suoi studi come ricercatrice e Guest professor dal 1979 al 1989.
Nel 1983 è diventata presidente dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ricerche che non aveva mai abbandonato negli anni statunitensi.
Dal 1989 al 1995 lavorò all’Istituto di Neurobiologia del CNR.
Dal 1993 al 1998 ha presieduto l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Nel 1999 è stata ambasciatrice dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura FAO per contribuire alla campagna contro la fame nel mondo.
Nel 2001 è diventata senatrice a vita su nomina dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale“.
È stata socia nazionale dell’Accademia dei Lincei per la classe delle scienze fisiche, e socia-fondatrice della Fondazione Idis-Città della Scienza.
Ha fatto parte dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, la National Academy of Sciences statunitense e la Royal Society. Ha collaborato con l’Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello (Fondazione EBRI, European Brain Research Institute), da lei fondato nel 2001 dove ha proseguito, fino a poco tempo prima di morire, la sua attività di ricerca, affiancata da un costante impegno in campo sociale e politico e sostanziata dalla profonda riflessione etica che ne ha animato l’intero percorso di vita.
All’età di 90 anni, affetta da maculopatia degenerativa, è diventata parzialmente cieca.
Nel 1992, con la sorella Paola, ha avviato una fondazione per sostenere la parità di genere in ambito scientifico. Realtà che le ha permesso di aiutare oltre 6mila donne africane nelle battaglie per il diritto allo studio.
È stata spesso attiva in campagne di interesse politico e sociale, come quelle contro le mine anti-uomo, o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società.
Significativo il suo impegno nella prevenzione dei conflitti legati allo sfruttamento delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione e all’accesso alle risorse idriche.
Nel 1998 si schierò a favore della fine del proibizionismo, aderendo all’appello rivolto al Segretario generale delle Nazioni Unite con il quale si auspicava la liberalizzazione della droga ai fini di sottrarre i giovani al mercato illegale.
È morta il 30 dicembre 2012 a 103 anni.
Ha dedicato la sua esistenza alla medicina e alla ricerca. Aveva una grandiosa missione: portare l’umanità verso nuovi orizzonti in ambito scientifico grazie alle sue scoperte.
“Da bambine mio padre ripeteva a mia sorella e a me che dovevamo essere libere pensatrici. E noi siamo diventate libere pensatrici prima ancora di sapere cosa volesse dire pensare”.
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