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Eritrea. Ribka Sibhatu, un racconto devastante

Ribka Sibhatu scrittrice eritrea imprigionata per aver rifiutato di sposare un generale
Ribka Sibhatu
Sono stata in carcere, la mia unica colpa era quella di aver rifiutato di sposare un generale che mi voleva in moglie.
Il governo mi aveva accusata di essere una spia di quei guerriglieri che ora sono al potere.
Ovviamente non c’entravo nulla con le accuse che mi erano state mosse, anche il mio aguzzino se ne accorse già il primo giorno.
Fortunatamente io parlavo perfettamente l’amarico, che è la lingua dei colonizzatori etiopi, perché sono vissuta in un ambiente interculturale fra etiopi, cristiani e musulmani. Perciò ebbi modo di spiegarmi.
Sono stata fortunata, perché, le altre donne arrestate con me hanno subito violenze per mesi.
Alle donne ferivano le piante dei piedi e le costringevano a camminare nella ghiaia con i piedi sanguinanti. Molte svenivano per il dolore.
Mentre tornavo in cella dalla sala delle torture, per il dolore delle percosse alla schiena mi sono accasciata e ho sentito il mio torturatore dire ai suoi colleghi che ero innocente, come se il mio esame fosse finito.
Poi cercarono di arruolarmi come infiltrata e volevano inviarmi in Russia.
Temendo ritorsioni per il mio “no”, decisi di fuggire dal Paese.
Forse non tutti sanno che in Eritrea vige una schiavitù mascherata sotto forma di servizio militare.
Un anno prima di finire le scuole superiori i giovani vengono portati nei campi militari, dove vivono con una paga di 10 euro al mese che non basta neanche alla loro sussistenza.
Prima del processo di Khartoum, il limite di età per il servizio militare era 50 anni, ora è stato portato a 70 anni.
Tutta la vita a 10 euro al mese, affamati e schiavi, privati del diritto di parlare.
È per evitare la leva obbligatoria che molti ragazzini stanno arrivando in Europa.
Il Paese si sta letteralmente svuotando.
Eravamo 5 milioni, adesso non so neanche se siamo 3 milioni.

Ribka Sibhatu, scrittrice eritrea.

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