Nel 2011 Màxima si è rifiutata di vendere la sua proprietà alla Yanacocha e il suo gesto ha dato inizio a una campagna di intimidazione, criminalizzazione e violenza nei suoi confronti.
Le forze di sicurezza privata della società, colluse con la polizia, hanno fatto varie irruzioni nella sua casa distruggendo e picchiando i membri della famiglia. Le denunce non sono state mai verbalizzate, nonostante le testimonianze di foto e video. Da quel momento la loro vita è stata costellata da continue intimidazioni che hanno reso arduo portare avanti l’allevamento del bestiame, costringendoli a indebitarsi sempre di più.
La multinazionale ha tentato in vari modi di appropriarsi dei suoi terreni. Ma la donna, minuta, analfabeta e povera, anche dopo aver ricevuto minacce, vessazioni e violenze, l’uccisione di capi di bestiame, la distruzione di coltivazioni, non ha ceduto e ha protetto la sua terra e l’acqua di cui è ricca, dall’inquinamento derivato dalle attività estrattive.
Nel 2012, a causa di varie proteste contro i progetti minerari, cinque manifestanti restarono uccisi.
Màxima Acuña Atalaya de Chaupe intanto era stata denunciata dalla società mineraria per occupazione illegale e usurpazione.
Condannata a 3 anni di reclusione e al pagamento di una sanzione per compensare i danni subiti dalla società mineraria, è stata assistita legalmente da una ONG ambientalista che è riuscita a dimostrare che la famiglia deteneva legittimamente la proprietà della terra, annullando la pena detentiva e lo sfratto.
Il progetto Conga è stato così escluso dal Tragadero Grande e la società non ha potuto continuare alcuna attività mineraria nell’area intorno alla Laguna Azul.
Il caso ha suscitato anche l’attenzione della Commissione Inter Americana dei diritti Umani dell’Organizzazione degli Stati Americani che il 5 maggio del 2014 ha chiesto al governo peruviano di adottare misure preventive per salvaguardare i diritti delle 46 comunità locali. L’appello non è stato raccolto e le forze di sicurezza della società mineraria hanno fatto nuovamente irruzione nella casa della famiglia Chaupe.
Gli eventi hanno suscitato nuove proteste, di cui Màxima Acuña Atalaya de Chaupe si è fatta portavoce e, superando i confini nazionali, hanno affiancato La Cumbre de los Pueblos, il movimento che riunisce organizzazioni di diversi territori e settori del mondo per arginare la catastrofe socio-ambientale attualmente in atto.
Nel 2017 c’è stata l’ultima sentenza e la Corte Suprema ha posto fine al processo di criminalizzazione contro Màxima Acuña Atalaya de Chaupe e la sua famiglia. Questo ha consentito loro di poter tornare a vivere tranquillamente nelle proprie terre, segnando un’importante vittoria per i movimenti contadini peruviani.
La donna è diventata simbolo e ispirazione per tutta l’America Latina per il suo coraggio nel resistere a una società mineraria multinazionale.
L’intera comunità contadina si è mobilitata con lei e la sua vittoria ha portato nuova linfa alla lotta per la difesa della terra, delle riserve d’acqua e della dignità di migliaia di persone che chiedono solo di poter vivere tranquillamente nelle proprie terre e nel rispetto dell’ambiente.
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