Sono diventata femminista il giorno in cui ho abbandonato la pigrizia mentale di accettare il mondo come è, e ho deciso di mettermi in discussione.
Quando ho iniziato a chiedermi se nelle battute scherzose che facevo io stessa, o nei giornali che leggevo, ci fossero concetti sessisti.
Sono diventata femminista per strada, camminando in mezzo ai manifesti pubblicitari, parlando con amici, fidanzati, genitori e insegnanti.
Analizzando i miei giudizi personali sulle altre donne.
È successo quando ho capito che il femminismo è resistenza, un vero e proprio fronte, e che gli uomini non sono il male, nella stragrande maggioranza.
Il male sta nella nostra cultura maschilista.
C’è stato un momento in cui ho capito che il femminismo del terzo millennio doveva passare per necessità da una rivoluzione linguistica.
Le parole costruiscono il pensiero.
Certo, il femminismo di oggi non è quello di ieri, ha da intraprendere battaglie diverse con strumenti diversi.
E soprattutto deve compiere più di prima questa rivoluzione insieme ai maschi.
Credo che ci libereremo della cultura maschilista quando convinceremo i maschi che la nostra libertà non è una minaccia per loro.
Bisogna prendere per mano le nostre figlie ma anche i nostri figli in questo lungo e faticoso percorso, altrimenti creeremo l’effetto che ho raccontato sopra e cioè ragazzi che si sentono attaccati in quanto uomini e che odieranno ancora di più le donne in quanto donne.
Come riuscire in questo?
Cambiando le parole che ci raccontano.
Claudia Sarritzu, scrittrice, giornalista, autrice e conduttrice di programmi radiofonici.
È nata a Cagliari nel 1986, dopo il liceo classico frequentava giurisprudenza e iniziava a lavorare in alcune radio regionali, ha condotto e ideato i programmi Tutti giù per terra (sulla disoccupazione in Sardegna) e Punto e a Capo (Interviste politiche).
Ha collaborato con varie riviste di approfondimento e confezionato servizi video per L’Espresso. Ha fatto parte della redazione del famoso blog L’Isola dei cassintegrati, fondato da un gruppo di giovani dopo la protesta dei lavoratori Vinyls all’Asinara.
Dopo questa esperienza ha pubblicato il libro La Sardegna è un’altra cosa, viaggio nell’isola della crisi economica che ha vinto il Premio Letterario Città di Cagliari.
Ha coordinato per due anni Il giornale dello Spettacolo.
Nel 2014 è entrata a far parte di Globalist dove si occupa di politiche di genere a livello nazionale e internazionale.
Con il libro “Parole avanti, femminismo del terzo millennio” ha vinto il premio nazionale di saggistica Giuditta 2019.
Il saggio affronta discriminazione e violenza di genere attraverso lo sguardo di chi fa informazione in Italia. Analizza le parole dei media, ma anche quelle piene di stereotipi che usiamo nella nostra quotidianità. Le parole sono le vere protagoniste di questo libro che spiega la necessità di un nuovo femminismo. Passa dalla donna sarda a quella siriana, dal maschilismo italiano a quello brasiliano, dalle lotte dei movimenti femministi occidentali fino alle combattenti curde.
Un libro che tesse la trama di una inarrestabile rivoluzione in atto.
Claudia Sarritzu tiene anche molti incontri nelle scuole per parlare dell’importanza di una corretta narrazione sui media e nella vita comune.
#unadonnalgiorno