Danziamo, danziamo… altrimenti siamo perduti.
Pina Bausch, forse la più importante e nota coreografa al mondo. È stata, negli anni ’70, l’ideatrice del teatrodanza, progetto artistico che si differenzia dal balletto e dalla danza moderna, che include elementi recitativi, come l’uso del gesto teatrale e della parola, con precise finalità drammaturgiche.
Nata nel 1940 a Solingen, ha iniziato la carriera artistica da adolescente, esibendosi in piccoli ruoli di attrice nel teatro della sua città. Intorno al 1960, con una borsa di studio, va a New York, alla Juilliard School of Music.
Nel 1969 diviene coreografa del Folkwang Tanzstudio. Nel 1973 viene invitata a dirigere il Wuppertal Ballet, rinominato Tanztheater Wuppertal Pina Bausch.
Danzare, anche senza farlo, è la formula ricorrente della sua intera produzione. Realismo surreale e giocoso, leggerezza circense o da cabaret, implicita complessità nell’apparente stile naïf, pezzi colmi di danza anche quando la danza non c’è.
Il palcoscenico, lungi dall’essere luogo di mera esibizione, diventa uno spazio d’incontro.
I suoi spettacoli, anche se spesso non compresi affatto, hanno riscosso da subito un enorme successo, accumulando riconoscimenti in tutto il mondo. I primi lavori erano ispirati a capolavori artistici, letterari e teatrali. Con Café Müller del 1978, uno dei suoi spettacoli più celebri, composto sulle musiche di Henry Purcell, si assiste a una svolta decisiva nello stile e nei contenuti. L’opera manifesto della sua poetica, capolavoro che la vede protagonista è incastonato nel film di Pedro Almodóvar “Parla con lei” del 2002.
Mentre le prime opere sono animate da una dura critica alla società consumistica e ai suoi valori, le opere più mature approfondiscono il contrasto essere umano-società e la visione intima di coreografa e danzatori e danzatrici, chiamati direttamente a esprimere le proprie personali interpretazioni dei sentimenti.
Spiegando la direzione che il suo lavoro ha gradualmente preso, a partire dal 1978. Pina Bausch ha detto:
Cosa faccio: osservo. Forse è proprio questo. Non ho mai fatto altro che osservare persone. Ho visto o cercato di vedere soltanto rapporti umani e ho cercato di parlarne. Ecco che cosa mi interessa. E non so neppure cosa possa esserci di più importante.
Non conforme alla pura tecnica accademica, in contrasto con l’idealismo dei protocolli del balletto istituzionale, la ricerca del nuovo e dello sconosciuto fa sì che la drammaturgia di Pina Bausch sia un particolare montaggio del materiale formato da sequenze o piccole scene create da chi danza sullo stimolo delle domande poste loro. Dall’improvvisazione guidata da brevi messaggi, input, si arriva a un’alta codificazione. L’assemblaggio delle partiture fisiche e verbali prevede collegamenti analogici, allusivi, metaforici, che richiedono da parte dei fruitori un filtro che non ha logica. I danzatori e le danzatrici della compagnia, internazionale e multietnica, si esprimono in modo diretto, immediato, naturale.
Paesaggi materiali di intensa suggestione concorrono a rendere i pezzi di Pina Bausch autentiche esperienze sensoriali. È da qui che si parte: dalla ricerca della verità dell’azione scenica. In sede di performance, parola e gesto raccontano il mondo intero.
Gli spettacoli di Pina Bausch sono una sintesi di arti visive, musicali e coreutiche, un altrove magnifico reso presente. Nel 2002, in occasione del discorso tenuto all’Università di Bologna per il conferimento della laurea honoris causa, Pina Bausch ha detto:
Danzare deve avere un fondamento diverso dalla pura tecnica e dalla routine. La tecnica è importante, ma è solo un presupposto. Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti. Ci sono però dei momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati, non si sa più che fare. A questo punto comincia la danza e per motivi del tutto diversi dalla vanità. Questa è la cosa meravigliosa della danza: il corpo è una realtà senza la quale niente è possibile, ma oltre la quale si deve saper andare.
Nel 2007 è stata insignita del Leone d’oro alla Carriera per la Danza alla Biennale di Venezia.
Poco prima dell’inizio delle riprese del film che Wim Wenders ha voluto dedicarle, Pina Bausch è morta di cancro il 30 giugno 2009, all’età di 68 anni.
Presentato al sessantunesimo Festival del cinema di Berlino, “Pina”, musical/documentario del regista tedesco, è uscito nel 2011.
La novità del suo lavoro non consiste tanto nell’invenzione di nuove forme e nuovi gesti, da riprodurre uguali a sé stessi, quanto nell’interpretazione personale della forma che si vuole rappresentare, entrambe sostenute dal concetto basilare del rapporto (che è della danza così come di ogni forma di vera arte) tra fragilità e forza.
I danzatori e le danzatrici erano chiamati alla creazione delle pièces (che Bausch denominava stück) attraverso l’improvvisazione generata dalle domande che la coreografa pone loro.
Pina Bausch danzava divinamente sin da adolescente e ha passato una vita a ricercare la sua danza, fatta di contaminazioni, ricerca, comunicazione e amore per la vita e il corpo. Trovando gesti semplici ma estremamente forti. Movimenti audaci ma al contempo delicati. La danza che si fonde con la vita di tutti i giorni, la routine, la strada, la società.
Pina Bausch continuerà a ispirare generazioni di danzatori per sempre, il suo enorme talento è un lascito estremamente prezioso.
#unadonnalgiorno