Mi sono dedicata interamente alla mia collezione. Una collezione è impegnativa. Ma è quello che desideravo e ne ho fatto il lavoro di una vita. Io non sono una collezionista. Io sono un museo.
Peggy Guggenheim è la più famosa collezionista di opere d’arte del XX secolo.
Il suo contributo alla storia dell’arte contemporanea è stato importantissimo. Ha scovato talenti sconosciuti e portato alla gloria le avanguardie del suo tempo.
La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia è uno dei più importanti e visitati musei italiani sull’arte europea e americana della prima metà del XX secolo.
Peggy è il vezzeggiativo di Marguerite Guggenheim nata a New York il 26 agosto 1898 in una famiglia ricca e influente. Suo padre, Benjamin Guggenheim, industriale dell’acciaio di origine ebraica, aveva fatto fortuna nell’estrazione dell’argento e del rame. La madre, Florette Seligman apparteneva a una delle più importanti famiglie di banchieri americani.
Giovanissima, ereditò una cospicua somma di denaro dalla perdita del padre, morto nell’affondamento del Titanic, quando lei aveva 14 anni.
Anticonvenzionale e desiderosa di emancipazione e conoscenza, lavorando in una libreria di New York, ebbe modo di frequentare importanti circoli culturali e conoscere molti intellettuali dell’epoca tra cui Laurence Vail, pittore dadaista che sposò a Parigi nel 1922 contro la volontà della sua famiglia e da cui ebbe un figlio e una figlia, Sinbad e Pegeen. Nei salotti bohémien della capitale francese, strinse amicizie con artisti come Man Ray, per cui poserà, Constantin Brâncuși e Marcel Duchamp.
Divorziata nel 1928, in uno dei suoi tanti viaggi incontrò lo scrittore inglese John Holms con cui ebbe un’intensa storia d’amore fino alla morte di lui, nel 1934.
Nel 1938 ha aperto a Londra, Guggenheim Jeune, dando inizio a una carriera che ha influenzato significativamente il corso dell’arte del dopoguerra. La prima mostra venne dedicata alle opere di Jean Cocteau, a cui fece seguito la prima personale inglese di Vasily Kandinsky e di altri artisti che sono rimasti immortali.
Con l’intento di trasformare la sua collezione in un vero e proprio museo, cominciò ad acquistare in maniera compulsiva un gran numero di opere d’arte da raccogliere e portare in salvo in patria perché intanto era scoppiata la seconda Guerra Mondiale e lei era di origine ebrea.
Con i nazisti alle porte, chiese al Louvre di custodire la sua collezione, ma il museo rifiutò non ritenendola abbastanza importante. Spedì quindi le opere imballate nascoste tra articoli domestici su una nave verso gli Stati Uniti. Mise in salvo anche molti artisti pagando loro la fuga verso New York, tra questi c’è Max Ernst, che, nel 1941, divenne il suo secondo marito.
Nel 1942 inaugurò la galleria Art of This Century dove esordienti artisti americani ebbero modo di entrare in contatto con l’avanguardia europea, in particolare con il Surrealismo. Tra questi c’era uno sconosciuto Jackson Pollock che, da carpentiere che era, divenne uno dei più importanti pittori del secolo scorso.
Nel 1943 divorziò anche da Ernst che l’aveva tradita con un’artista che aveva esposto.
Nel 1946, quando era ormai già una mecenate famosissima, la sua autobiografia, Una vita per l’arte, sconvolse la popolazione per la sincerità con cui descriveva il disinteresse per i figli, la voracità sessuale e l’ossessione unica per la propria collezione.
Con la fine del conflitto si è trasferìita a Venezia dove acquistò il Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, per ospitare la sua collezione. Durante i lavori di ristrutturazione, prestò le proprie opere alla Biennale, segnando il destino della città lagunare come nuovo polo dell’arte contemporanea.
Tappa obbligata per qualsiasi artista o collezionista che passava per la città, Peggy Guggenheim dava continuamente pranzi, cene e feste, famose per l’eterogeneità dei suoi ospiti (da Andy Warhol a Patty Pravo) e anche per il cattivo gusto in fatto di cibo e vino, cosa che contribuì alla nomea che fosse avara in tutto ciò che non era arte.
Aveva un amore spropositato anche per i cani, ne ha avuti 57 in vent’anni. Il suo museo, sogno di una vita, aprì i battenti nel 1951.
Gli alloggi privati, aperti al pubblico solo dopo la sua morte, raccolgono opere fatte su misura per lei.
Ci fu un’eccezionale acqua alta il 4 novembre 1966 che sommerse la città di Venezia ma che, fortunatamente, non le arrecò alcun danno perché la sua collezione era stata spedita a Stoccolma per una mostra.
Nel 1969 sua figlia Pegeen, che aveva intrapreso la carriera artistica, si suicidò a Parigi a soli 42 anni. Peggy sopravvisse al dramma rifugiandosi in maniera ancora più ossessiva nell’arte.
Il Solomon Guggenheim Museum di New York, che apparteneva a suo zio, le chiese di acquisire la collezione, accettò a patto che le opere restassero a Venezia, nacque così il primo museo intercontinentale, ponte tra l’Europa e l’America.
Peggy Guggenheim è morta il 23 dicembre 1979, è sepolta nel giardino del suo museo insieme a tredici dei suoi cani.
Ha passato la sua intera esistenza a aiutare artisti emergenti nella sua febbrile ricerca attraverso i due continenti. È stata una donna libera, tanto discussa quanto ammirata. La sua sconfinata passione per l’arte, che si può considerare una vera ossessione, l’ha resa un personaggio unico e ci ha consentito di godere di opere di artisti che forse, senza il suo supporto, non ce l’avrebbero mai fatta.
Nel 1997 è stato inaugurato un altro fondamentale polo dell’arte contemporanea che porta il suo nome e ospita le sue opere, il Guggenheim Museum di Bilbao che, in brevissimo tempo, è diventato il simbolo e la maggior attrazione della città basca.
Venezia, nel 2008, le ha dedicato la mostra Poi arrivò Peggy in onore del 60º anniversario del suo arrivo in città.
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