Odilia Romero è un’attivista zapoteca impegnata a rendere visibili le sfide affrontate dalle popolazioni indigene negli Stati Uniti.
È stata la prima donna a coordinare il Fronte Indigeno delle Organizzazioni Binazionali (FIOB), che lavora per difendere e promuovere l’identità e i diritti delle popolazioni native.
I suo lavori sono stati pubblicati su importanti riviste come il Los Angeles Times, il New York Times, Vogue e Democracy Now.
Nata a San Bartolomé Zoogocho, in Messico, nel maggio 1971, aveva dieci anni quando ha raggiunto i genitori emigrati negli Stati Uniti, dopo aver subito un abuso sessuale da parte di un parente. Si è trovata, così piccola, a dover affrontare il difficile viaggio attraverso la rotta che utilizzano i migranti per arrivare nel paese. A scuola aveva trovato notevoli difficoltà, rimanendo indietro coi programmi, perché non parlava nessuna delle due lingue coloniali, l’inglese e lo spagnolo, così come tanta gente che viveva nel suo quartiere e che, per questo, veniva emarginata e discriminata. Dopo l’uccisione, da parte della polizia, di un uomo che non aveva alzato le mani perché non comprendeva ciò che gli era stato intimato, ha iniziato a impegnarsi per aiutare le persone indigene immigrate a comprendere i termini legali e poter garantire loro giustizia.
Organizza laboratori di formazione per contrastare le deportazioni e le violazioni dei diritti umani dovute alla mancanza di interpreti e traduttori negli ospedali, nelle stazioni di polizia e nei tribunali dell’immigrazione negli Stati Uniti.
La sua esperienza le è valsa numerose pubblicazioni accademiche e conferenze in diverse università degli Stati Uniti.
Nel 2016 ha fondato, insieme a sua figlia, Janet Martinez, CIELO Comunidades Indígenas en el Liderazgo, organizzazione no profit che conta attualmente oltre 300 traduttori e traduttrici, che si batte per migliorare le politiche educative necessarie per agevolare la convivenza tra diversità, sviluppare la leadership femminile, colmare il divario finanziario e per la giustizia linguistica.
L’organizzazione intergenerazionale guidata da donne indigene, combatte il razzismo nei confronti delle popolazioni native portando visibilità e risorse. Crea soluzioni sostanziali alle sfide sociali ed economiche lavorando sulla rivitalizzazione linguistica, creando nuovi spazi di coinvolgimento per le nuove generazioni. Ha organizzato la prima conferenza di letteratura indigena a Los Angeles.
Una stima del 2018 misurava circa venti milioni di persone immigrate dai paesi del Sud e Centro America, tra cui numerosi gruppi provenienti da comunità precolombiane, le cui culture tendono a essere cancellate e raggruppate insieme da pregiudizi e discriminazioni. Con l’insorgere della pandemia da COVID-19, hanno affrontato la difficoltà di comunicazione nel globale disastro sanitario ed economico, trasmettendo messaggi video e audio esplicativi nelle varie lingue, perché c’è una grande maggioranza che non ha avuto accesso alla scuola primaria e non è capace di leggere e comprendere le lingue ufficiali.
Hanno fornito un supporto capillare alle persone senza documenti che avevano perso il lavoro e che avevano enormi difficoltà di accesso ai soccorsi e creato un fondo di solidarietà che è riuscito a raccogliere oltre due milioni di dollari.
Ha redatto una mappatura delle minoranze linguistiche indigene, consultabile al Los Angeles County Museum of Art e creato la National Indigenous Interpreters Conference, unica in tutti gli Stati Uniti a offrire uno spazio per la conservazione della lingua indigena.
#unadonnalgiorno