Nil Yalter, pioniera del movimento artistico femminista mondiale, è vincitrice del Leone d’Oro alla carriera della Biennale Arte di Venezia 2024 per il suo lavoro che unisce impegno femminista e incroci di abitudini e civiltà.
La sua ricerca, che spazia tra pittura, disegno, video e installazioni, approfondisce la condizione delle donne, lo scontro tra le culture, le diaspore, lo sfruttamento delle persone immigrate e la reclusione fisica e mentale.
Ha tenuto mostre in tutto il mondo, le sue opere sono presenti nelle collezioni di importanti musei come l’Istanbul Modern, il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Gallery di Londra, il Museum Ludwig di Colonia, il Museo Reina Sofia di Madrid e molti altri ancora.
È nata a Il Cairo, in Egitto, il 15 gennaio 1938, da genitori turchi tornati a vivere in patria quando aveva quattro anni.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta ha viaggiato e vissuto in giro per l’Asia e il Medio Oriente.
La sua prima esposizione si è tenuta nel 1957 a Mumbai, in India, presso l’Institut Français.
Nel 1965 si è trasferita a Parigi partecipando alla controcultura francese e ai movimenti femministi (Femmes/Art e Femmes en lutte) che si battevano per il riconoscimento delle donne nel mondo dell’arte.
Nel 1973, ha creato l’installazione Topak Ev, una tenda di feltro a grandezza naturale ispirata alle tradizioni dei popoli nomadi turchi, presentata in una sua personale al Musée d’art moderne de la Ville de Paris. La mostra comprendeva pannelli che raccoglievano disegni, collage, fotografie e descrizioni scritte a mano sulla struttura, con l’obiettivo di stimolare la riflessione sugli spazi femminili privati e pubblici. Con la prima telecamera portatile, in quel contesto, ha filmato le reazioni del pubblico e di bambini e bambine che entravano e uscivano dalla tenda, realizzandone un documentario.
L’anno successivo ha presentato un’altra opera molto significativa, The Headless Woman, un video concentrato sullo stomaco di una danzatrice del ventre e sulle misteriose scritte che la protagonista traccia su di sé, ponendo l’attenzione sull’oggettivazione del corpo delle donne mediorientali.
Negli anni a venire ha creato un’inversione dello sguardo maschile oggettivando il proprio corpo attraverso la telecamera.
La Roquette, Prison de Femmes (realizzata con Judy Blum e Nicole Croiset) è la testimonianza di un’ex detenuta del famoso carcere femminile francese.
L’installazione multimedia Temporary Dwellings, indaga le condizioni di vita e le esperienze di lavoro delle donne migranti in Europa.
Nel 1977, alla 10ª Biennale di Parigi, ha presentato Turkish Immigrants: fotografie e disegni di giovani donne delle periferie che illustrano le condizioni di vita dei lavoratori turchi a Parigi. L’idea è poi stata sviluppata in C’est un dur métier que l’exil (L’esilio è un mestiere difficile), presentata nel 1983 al Centre Pompidou di Parigi e poi portata in importanti musei in giro per il mondo.
Nel 1978 ha allestito una performance che metteva in scena la vita quotidiana in un harem nell’ambito della collettiva Femmes/Art. Il video di quella giornata, ritrovato nel 2011, è stato digitalizzato dalla Biblioteca nazionale di Francia ed è una delle rare testimonianze del movimento artistico femminista francese degli anni settanta.
Nel 1980, al Centre Pompidou, ha presentato Rahime, Femme Kurde de Turquie, video intervista a una donna curda emigrata in Turchia, corredata di disegni e fotografie, dalle quali pendono degli stracci insanguinati, metafora della difficile vita della protagonista.
Dal 1980 al 1995 ha insegnato video arte e installazioni all’Università Pantheon-Sorbona.
Negli anni Novanta, in una fase di esplorazione creativa e di riconoscimenti, ha iniziato a utilizzare i media digitali sperimentando animazione 3D e montaggio elettronico del suono.
Nel 2007 è stata tra le 120 artiste della mostra itinerante WACK! Art and the Feminist Revolution al Museum of Contemporary Art di Los Angeles.
Lapidation, video del 2009, mostra l’uccisione tramite lapidazione di una ragazza sciita giudicata colpevole di amare un ragazzo sunnita a Baghdad.
Nel 2018 è stata insignita del Premio AWARE (Archives of Women Artists, Research and Exhibitions) alla carriera e ha presentato la video installazione Niqab Blues, successivamente proposta in una versione di scultura in tessuto.
È stata protagonista di una delle diciotto mostre organizzate dal ministero della cultura francese dopo gli attacchi del terrorismo islamista culminati con la strage del Bataclan nate per sottolineare l’importanza dell’arte nella ricostruzione di un legame pacifico tra culture avvelenate da fondamentalismo religioso e colonialismo.
Tutti i suoi video sono stati digitalizzati nella Biblioteca Nazionale Francese.
Per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 2024, dove sarà insignita del Leone d’Oro alla Carriera insieme a Anna Maria Maiolino, presenta una riconfigurazione della sua installazione Exile is a hard job, insieme alla sua iconica opera Topak Ev, collocata nella prima sala del Padiglione Centrale dei Giardini.
Il suo inarrestabile attivismo artistico sta, finalmente, in tarda età, ottenendo i giusti riconoscimenti.
#unadonnalgiorno