Nasrin Sotoudeh, avvocata e attivista, è il simbolo della lotta per la giustizia in Iran.
Insignita del Premio Sacharov per la difesa dei diritti umani nel 2012, ha dedicato la vita allo Stato di diritto, alla difesa degli attivisti dell’opposizione, delle donne e dei bambini di fronte al regime iraniano.
Nata a Tehran, il 30 maggio 1963, è laureata in diritto internazionale. Nonostante fosse abilitata, per otto anni non le è stato consentito esercitare la professione. Ha quindi collaborato con diverse riviste riformiste iraniane provando a denunciare, coi suoi reportage, le tante violazioni dei diritti umani del suo paese, soprattutto verso le donne.
Ha difeso minori condannati a morte prima di raggiungere la maggiore età e organizzato attività extragiudiziali per salvare gli adolescenti dal braccio della morte.
Si è spesa per la tutela dei minori e delle donne maltrattate in ambito domestico, pretendendo l’intervento di perizie psicologiche e specialisti per verificare i casi di abuso.
Presa di mira e perseguitata dalle autorità, è stata arrestata, per la prima volta, nel settembre 2010 con l’accusa di diffusione di propaganda contro lo Stato e condannata a 11 anni di carcere, col divieto di esercitare la professione legale per venti anni oltre a una restrizione sui diritti sociali e i viaggi all’estero. La sentenza è stata poi commutata in sei anni di reclusione e dieci di divieto di esercitare la professione. Durante la prigionia è stata tenuta per lunghi periodi in isolamento in cui le veniva negato il diritto di vedere il marito e i figli. Nel 2013 una grande protesta nazionale e internazionale ha portato alla sua liberazione. Dopo un anno di proteste e ricorsi, è riuscita a farsi ridurre e poi revocare la sospensione a esercitare l’avvocatura.
Il 13 giugno 2018 è stata di nuovo arrestata e condannata a 33 anni di carcere e a 148 frustate per aver assunto la difesa di Shaparak Shajarizadeh e di altre donne che protestavano contro l’obbligo d’indossare lo hijab.
Ha lavorato a stretto contatto i difensori del Centro per i diritti umani e col Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi che, dopo il suo arresto, ne ha chiesto insistentemente il rilascio esprimendo forte preoccupazione per il suo stato di salute.
Nel 2020, mentre era detenuta durante la pandemia da Covid-19, ha portato avanti uno sciopero della fame durato sei settimane, per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici. Dopo essere stata ricoverata, senza ottenere le cure adeguate, è tornata in carcere molto provata fisicamente.
Amnesty International ha indetto da anni una campagna per la sua liberazione.
Le accuse contro di lei sono la conseguenza del suo pacifico lavoro in favore dei diritti umani, la sua difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo e la sua pubblica opposizione alla pena di morte.
Nel 2020 è stato realizzato, in maniera clandestina, un film sulla sua storia dal titolo Nasrin che ha visto la partecipazione di rappresentanti del mondo della cultura e dell’attivismo che hanno rischiato la galera per averne fatto parte e che è stato presentato nei più importanti festival internazionali sui diritti umani.
Da novembre ha ottenuto un congedo sanitario con domicilio coatto nella sua abitazione per gravi problemi di salute e da lì, sprezzante del pericolo e della sua incolumità continua a far sentire potente la sua voce di dissenso in sostegno delle proteste che stanno coinvolgendo la cittadinanza in Iran.
Un grande esempio di coraggio e forza.
#unadonnalgiorno