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Nancy Cunard

Nancy Cunard

Amo la pace, la campagna, la Spagna repubblicana e l’Italia antifascista, i neri e la loro cultura afroamericana, tutta l’America Latina che conosco, la musica, la pittura, la poesia e il giornalismo. Ho sempre vissuto in Francia da quando mi è stato possibile, nel 1920. Odio il fascismo, lo snobismo e tutto quello che gli sta attorno.

Nancy Cunard poeta e militante antirazzista e antifascista, è stata editrice, giornalista, inviata di guerra e traduttrice per la resistenza.

Una vita epica che ha ispirato libri, film e opere teatrali.

Con coraggio e determinazione, rinnegando le origini altolocate e i privilegi di nascita, ha sostenuto le cause delle persone emarginate, discriminate, esiliate, travalicando ogni barriera culturale, sociale e morale del suo tempo.

Nata a Londra il 10 marzo 1896 in una famiglia della ricca borghesia e aristocrazia inglese, suo padre era un baronetto erede di un impero navale e sua madre un’ereditiera americana popolare nell’alta società. Genitori, ricchi e viziati, amanti della bella vita che si erano separati quando lei aveva quattordici anni.

Aveva frequentato i college più prestigiosi in giro per l’Europa e debuttato in società con il principe di Galles a farle da cavaliere, ma il suo anticonformismo morale, sessuale e politico l’ha portata a fare altre scelte.

Negli anni ’20 si era trasferita in Francia, dove aveva iniziato a scrivere e frequentare esponenti delle avanguardie artistiche del surrealismo e dadaismo. Iniziò una importante storia d’amore col poeta Louis Aragon.

Era amica di Ezra Pound, Aldous Huxley e Virginia Woolf, che come lei volevano mettere in discussione e decostruire le soffocanti tradizioni dell’epoca vittoriana, il puritanesimo anglosassone e l’impero colonialista. Fumava, beveva, vestiva in maniera eccentrica e destava scandalo con i suoi numerosi amori omo e eterosessuali.

Nel 1927 aveva fondato la sua casa editrice, The Hours Press, dedicata principalmente alla poesia contemporanea, le copertine dei suoi libri venivano illustrate dai più grandi artisti del momento, come Man Ray e Yves Tangui. Per prima ha pubblicato Samuel Beckett. La sua eredità le permetteva di rischiare finanziando opere che nessun altro editore osava pubblicare.

Nel 1930 ha partecipato alla diffusione del film surrealista L’Âge d’or di Luis Buñuel, che venne fortemente ostacolato e censurato e di cui lei aveva organizzato, con ostinazione, anche una proiezione a Londra. 

A causa delle sua relazione con Henry Crowder, musicista jazz afro-americano, che l’aveva resa bersaglio di attacchi razzisti di ogni genere, tanto che sua madre l’aveva diseredata, l’aveva portata a contatto con il razzismo sistemico e la segregazione, che la resero un’attivista a favore dei diritti civili negli Stati Uniti.

Nel 1931 ha scritto un testo durissimo rivolto a sua madre, poi pubblicato con il titolo Black Man and White Ladyship che era un tenace attacco al razzismo.

La sua Negro: An Anthology, del 1934, un volume in sette sezioni, tra poesie, racconti e saggi, che è una vera e propria enciclopedia sociale, politica e culturale della “negritudine” nel mondo, a favore della diversità culturale e del diritto all’autodeterminazione di ogni individuo.

Un’opera di importanza epocale, per la prima volta si dava la parola alle persone protagoniste della discriminazione.

Un’azione culturale militante, che, con approccio documentaristico, raccontava la ricca storia culturale e sociale delle persone nere d’America, Africa e Europa, per dimostrare che il pregiudizio razziale non poggia su alcuna giustificazione.

Aveva messo insieme 150 autrici e autori neri, bianchi, più o meno politicamente impegnati, sportivi, giornalisti, antropologi, storici, scrittori, poeti, musicisti, cantanti, universitari e militanti.

Un’opera scomoda e incredibilmente coraggiosa che fu oggetto di pesanti minacce e pressioni che ne limitarono la diffusione.

Partecipare alla lotta contro razzismo e nazifascismo fu per lei un dovere improrogabile fin da quando aveva messo la sua penna al servizio dell’impegno politico.

Appassionata di arte africana, collezionava giganteschi gioielli di legno e avorio che indossava dal polso al gomito. Portava i capelli corti, il cilindro, abiti argentati e decine di bracciali.

Antifascista e anarchica, si è schierata contro l’occupazione italiana dell’Etiopia e poi a favore dei repubblicani in Spagna, dove era stata inviata come giornalista dal Manchester Guardian, scrivendo reportage sull’esodo e sui campi di concentramento nella Francia del Fronte popolare. Ha portato sostegno ai profughi anche a guerra terminata. Per la sua partecipazione attiva alla causa anti franchista venne accusata di attività cospiratrici e arrestata.

Nel 1937 chiese ai suoi amici poeti – tra cui Tristan Tzara, W.H. Auden e Pablo Neruda – di donare una poesia contro la guerra che pubblicò con il titolo The Poets of the World Defend the Spanish People. Lo stesso anno spedì a circa duecento scrittori e scrittrici, un questionario che chiedeva loro di prendere posizione sulla guerra civile spagnola. Le risposte uscirono su Left Review con il titolo Authors Take Sides on the Spanish War.

Durante la Seconda guerra mondiale, da Londra, ha lavorato, giorno e notte, come traduttrice per la Resistenza francese, tanto da arrivare a un vero e proprio logoramento fisico e psichico.

Dopo la guerra, indebolita nel corpo e nello spirito, attanagliata da difficoltà economiche e dai troppi abusi, ha vissuto anni difficilissimi. Venne anche ricoverata in manicomio.

È morta in completa solitudine all’Hôpital Cochin il 17 marzo 1965, era arrivata a pesare 27 chili.

Da una condizione di assoluto privilegio ha avuto il coraggio e l’ostinazione di trasformare la propria vita in un inno alla libertà, alla ribellione, alla lotta contro le ingiustizie e contro la stupidità umana.

È stata un’icona e un punto di riferimento per intere generazioni. Ha ispirato Ernest Hemingway che ne fece una delle eroine di Fiesta, Aldous Huxley la raccontò in Punto contro punto, Eveliyn Waugh in Resa incondizionata. In Aspettando Godot di Samuel Beckett il suo nome risuona sei volte, è presente nei Cantos di Ezra Pound, così come nella prima versione della Terra desolata di T.S. Eliot. Louis Aragon le è debitore di due libri, Blanche ou l’oubli e Le Con d’Irène, Tristan Tzara di una commedia, Mouchoir de nuage, Pablo Neruda di una raccolta poetica, Waltz. Il primo bestseller da un milione di copie dell’epoca, The Green Hat di Michael Arlen, l’ha vista protagonista. È stata scolpita da Constantin Brancusi, fotografata da Man Ray e Cecil Beaton, dipinta da Oskar Kokoschka e disegnata da Wyndam Lewis.

Al cinema, nel 1929, è stata interpretata da Greta Garbo nel film Destino che, come recitava la prima didascalia che accompagnava le immagini mute, era la storia di una donna coraggiosa e forse insensata.

Nancy Cunard ha segnato un’epoca, appassionata e intelligentissima, il suo stile originale travalica mode ed epoche.

Una donna che la storia dovrebbe ricordare con molto più entusiasmo e rispetto.

 

 

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