Ho dedicato la mia vita, la mia mente, i miei occhi, tutto al mio lavoro. Ho imparato tantissimo dal cinema e penso di aver dato tutto quello che potevo dare.
Monica Vitti, attrice, regista e scrittrice nata il 3 novembre 1931 a Roma, col nome di Maria Luisa Ceciarelli. È una delle attrici più amate dal pubblico, ma anche dalla critica che l’ha premiata con numerosissimi e prestigiosi riconoscimenti.
Appartenente a una famiglia della piccola borghesia romana, unica femmina di tre figli, durante la guerra ha vissuto i suoi primi anni in Sicilia. La sua non è stata un’infanzia felice: testimone dei conflitti familiari, dei silenzi e del ruolo assegnatole in quanto figlia femmina, costretta a seguire regole rigide e rinunciare alla sua naturale vitalità, condizione che le trasmetteva insicurezza e ne amplificava il desiderio di attenzione.
Recitare fu per lei “Un istinto proprio. Credo che recitare sia una necessità, un bisogno”.
Ironica e autoironica, si è formata all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove gli insegnanti cercavano di intervenire sulla sua voce, quel timbro roco che venne inizialmente additato come un difetto. Mentre è anche grazie a quel modo unico di parlare che è diventata la sola mattatrice italiana, l’unica donna a potersi fregiare di quel titolo accanto ad attori come Gassman, Tognazzi, Sordi, Manfredi.
Si è divisa con la stessa dedizione tra ruoli comici e drammatici, anche se è nella commedia che ha trovato la sua espressione più compiuta.
Grazie al cinema quella voce conquisterà il grande pubblico, un cocktail di candore e sensualità, allegria popolare e fragilità esistenziale.
Una simpatia travolgente alimentata da una intelligenza viva.
Nel 1954 debutta al cinema, ma il primo ruolo di rilievo arriva nel 1958 con “Le dritte” di Mario Amendola. Mentre stava doppiando Dorian Gray in “Il grido”, conobbe il regista Michelangelo Antonioni che, secondo la ‘leggenda’, affascinato dalla sua nuca, le propose di lavorare con lui. Divenne così l’interprete di “L’avventura” (1960) e anche la compagna di vita del maestro ferrarese. Nel 1961 è la volta di “La notte” per il quale vinse il Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista, e nel 1964 di “Deserto rosso”, in cui ancora una volta prestò il volto alle eroine del cinema di Antonioni, sole e incapaci di comunicare. Sul set di “Deserto rosso” conobbe il direttore della fotografia Carlo Di Palma, con cui successivamente si legò sentimentalmente. Alla metà degli anni Sessanta Monica Vitti decise di cambiare la propria immagine e tentare il registro comico-brillante, convinta di poter far ridere il pubblico annientando la malinconia. Nel 1968 Mario Monicelli la scelse per interpretare “La ragazza con la pistola“, in cui era una travolgente donna siciliana che per ragioni d’onore parte per Londra, il ruolo le fece vincere il suo primo Nastro d’argento da protagonista.
Nel 1969 Alberto Sordi la volle per il ruolo di Raffaella in “Amore mio aiutami!”, una storia di infedeltà da lui diretta e interpretata, gettando le basi per costituire con lei un duo di mattatori che conquistò il favore del pubblico per tutti gli anni Settanta. Nel 1970 è Adelaide, la donna contesa da Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini in “Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola, rimasta nell’immaginario per il suo inciampare sui tacchi mentre corre all’ospedale, disperata, in cerca di Nello/Giannini. Nel 1974 fu Dea in “Polvere di stelle“, nostalgica rievocazione del mondo ormai scomparso dell’avanspettacolo. La sua notorietà si estese fuori dall’Italia, consentendole di andare a Londra nel 1969 per interpretare “Modesty Blaise. La bellissima che uccide” e lavorare poi nel 1971 con Miklos Jancso in “La pacifista” e nel 1974 con Louis Buñuel in “Il fantasma della libertà“.
Negli anni Settanta il suo compagno Carlo Di Palma passato dietro la macchina da presa la diresse nel 1973, in “Teresa la ladra“. Nel 1975 la sua interpretazione di Lisa, in “L’anatra all’arancia” le fece vincere un altro Nastro d’argento come migliore attrice e il David di Donatello.
Nel 1976 recitò al fianco di Eduardo De Filippo in “I cilindri“. Nel 1980 tornò a recitare per Michelangelo Antonioni in un ruolo drammatico nello sperimentale “Il mistero di Oberwald“.
Negli anni Settanta conobbe l’operatore Roberto Russo, di sedici anni più giovane di lei, che è diventato il suo compagno, sposato in Campidoglio nel 2000, dopo 27 anni di convivenza. Con la sua regia, produsse e interpretò i film “Flirt” (1983) e “Francesca è mia” (1986), senza dimenticare la sua prima passione, il teatro. Ha interpretato, con Rossella Falk, la versione femminile di “La strana coppia” di Neil Simon, adattata e diretta da Franca Valeri.
Nel 1990 ha debuttato nella regia con “Scandalo segreto” con cui ha vinto il Globo d’oro come interprete e regista.
Nel 1993 ha pubblicato la sua autobiografia dal titolo “Sette sottane” e nel 1955 un romanzo “Il letto è una rosa“.
Nello stesso anno la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia le attribuisce il Leone d’oro alla carriera. Nel 2005 Cristina Borsatti scrive una monografia su di lei dal titolo “Monica Vitti“.
Purtroppo da qualche anno Monica Vitti è affetta da una malattia simile all’Alzheimer e nei momenti di lucidità ha deciso di ritirarsi per non vivere sotto gli occhi di tutti la sua sofferenza. La sua ultima apparizione in tv risale al 1994 a Domenica In.
La sua voce roca, il suo sguardo intenso e i suoi ruoli drammatici, l’hanno resa un’icona intramontabile.
Monica Vitti ha lavorato con tutti i più grandi registi, ha recitato accanto ai migliori attori italiani e internazionali. Bellissima e disperata, personaggio unico e inimitabile. Da anni, la sua assenza si fa sentire potente. Ci manca la sua ironia, la sua fragilità e la sua enorme carica vitale. È il simbolo femminile del cinema italiano, l’anti-diva per eccellenza, sapeva far ridere e piangere, con la sua voce, la bellezza fuori dall’ordinario e la recitazione magistrale.
“Lasciatemi l’emozione e tenetevi pure la memoria. Io non la voglio, perché è una truffa, e non la si può nemmeno portare in tribunale perché vincerebbe lei. La memoria non è con me, è contro di me. Sono anni che provo ad allontanarla, cancellarla, l’ho anche presa a schiaffi, a spintoni, e lei subisce tutto pur di restarmi in testa come un cappello di carta velina. Io non la voglio e lei lo sa. Ma qualche volta mi cade in braccio, e mi tocca cullarla. L’ho sentita anche ridere, ieri.”
Dopo una lunga malattia che l’ha tenuta lontana dalla vita pubblica si è spenta all’età di novant’anni il 2 febbraio 2022, ma il suo ricordo, la sua voce, i suoi occhi, il suo immenso talento, la sua fragilità e potenza, non ci lasceranno mai.
#unadonnalgiorno