Mónica Mayer, artista, curatrice, critica d’arte e attivista femminista, ha esposto e tenuto conferenze in diversi paesi del mondo.
Critica il sistema sociale patriarcale attraverso l’arte con performance, grafica digitale, disegno e fotografia.
Si è sempre posta in una posizione di rottura rispetto alle definizioni tradizionali di arte. La sua opera è caratterizzata da spirito irrequieto, spiccato senso critico e grande umorismo.
Ha iniziato con dipinti e collage per poi dedicare grande attenzione alle performance e installazioni. Negli anni, il suo contributo artistico si è sviluppato anche attraverso la scrittura, l’insegnamento, l’archiviazione e la partecipazione attiva nella comunità.
La maggior parte delle sue performance consistono in interventi sociali interattivi progettati per contesti specifici.
È nata a Città del Messico nel 1954 e si è laureata in Belle Arti all’Università Autonoma del Messico nel 1976.
Il suo attivismo è iniziato quando, ben presto, ha realizzato quanto fosse discriminante essere una donna nel mondo dell’arte. Nel 1975, ha preso parte al Movimiento Feminista Mexicano e al Colectivo Cine Mujer.
La sua prima esposizione è stata Collage íntimo nel 1977. L’anno successivo ha partecipato alla Muestra colectiva feminista.
Nel 1978 alla biennale Salón 77–78: Nuevas tendencias al Museo d’Arte Moderna di Città del Messico, ha presentato l’installazione interattiva El tendedero (La corda da bucato), che ha inaugurato il suo stile e la ricerca di nuovi mezzi per comunicare attraverso l’arte.
Nello stesso anno si è trasferita negli Stati Uniti dove, nel 1980, ha conseguito un master in Sociologia dell’arte al Goddard College, con una tesi intitolata Feminist Art: An Effective Political Tool (Arte femminista: uno strumento politico efficace). In quel periodo ha frequentato il Feminist Studio Workshop presso il Woman’s Building di Los Angeles con pioniere del movimento artistico femminista statunitense come Suzanne Lacy, Leslie Labowitz e Judy Chicago.
Al suo ritorno in Messico, nel 1983, ha fondato il collettivo artistico Polvo de Gallina Negra diminutivo di Polvere di gallina nera per proteggerci dalla magia patriarcale che fa scomparire le donne, che combinava critica sociale radicale e umorismo e che è stato attivo per una decade.
Nello stesso anno, ha tenuto un seminario su Donne e Arte presso la Escuela Nacional de Artes Plásticas, che ha poi portato alla creazione di un altro collettivo artistico femminista, Tlacuilas y Retrateras.
Nel 1989, col marito, Víctor Lerma, ha fondato Pinto mi Raya, spazio artistico indipendente e archivio online la cui funzione principale è stimolare il sistema dell’arte in Messico attraverso incontri, workshop e performance collettive di attivismo comunitario.
Un’esperienza che si è gradualmente trasformata in una piattaforma da cui lanciare progetti di arte concettuale applicata per cercare di trovare soluzioni. Per lubrificare il sistema dell’arte per farlo funzionare più agevolmente.
Come estensione della sua pratica artistica, Mónica Mayer ha parlato e scritto ampiamente di arte, donne e femminismo.
Tra il 1988 e il 2008 è stata editorialista del quotidiano El Universal e ancora oggi scrive per diversi blog.
Ha pubblicato diversi libri, saggi e contribuito a creare riviste d’arte e dibattito femminista.
Nel 2012 ha partecipato alla creazione del Sistema Nazionale di Artisti per il Finanziamento Nazionale per la Cultura e le Arti messicane.
Nel 2016 il Museo d’Arte Contemporanea dell’Università Nazionale Autonoma del Messico le ha dedicato la mostra “Si tiene dudas… pregunte: una exposición retrocolectiva de Mónica Mayer” (In caso di dubbio… chiedi: retrospettiva di Mónica Mayer).
Nello stesso anno, l’Istituto femminile di Città del Messico le ha conferito la Medaglia Omecíhuatl per la sua “eccezionale partecipazione all’istruzione, alle arti, alla cultura e allo sport, che hanno ispirato e influenzato lo sviluppo e l’empowerment femminile”.
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