Matilde Sorrentino è stata una donna che ha denunciato la banda di pedofili che violentava e filmava i bambini della scuola elementare del rione Poverelli, un quartiere degradato di Torre Annunziata, in provincia di Napoli. Tra le vittime c’era anche suo figlio, di sette anni.
Ha denunciato, non si è lasciata intimidire e durante il processo ha sputato verso gli imputati. Tentarono di pagarla perché tacesse, ma ha parlato e portò quel danaro al Pubblico Ministero.
Il 26 marzo 2004, sono andati a bussare alla porta di casa sua e le hanno sparato in faccia e al cuore vari colpi di pistola.
Tutto era cominciato sette anni prima, nel cosiddetto rione Poverelli, quadrilatero di case abbandonato al degrado. All’uscita della scuola elementare, un giorno un bambino aveva detto: “Qui non ci voglio tornare, mi fanno del male“. Il piccolo aveva paura di tutto, soprattutto di andare in bagno da solo. Altri alunni avevano manifestato problemi di apprendimento, aggressività, ansia. Tre mamme andarono dai carabinieri a sporgere denuncia per i loro figli, tra queste c’era Matilde Sorrentino.
Le forze dell’ordine arrestarono ventuno persone con l’accusa di abusi sessuali nei confronti di bambini fra i cinque e i sette anni. Sul banco degli imputati del processo dell’orrore fecero la loro comparsa personaggi di spicco della criminalità locale.
La ricostruzione di quanto accaduto ai bambini, di cui Matilde Sorrentino fu testimone chiave, era agghiacciante. Venivano violentati e filmati mentre erano legati a un pannello di legno nel sottoscala della scuola dopo essere stati storditi con l’alcol e minacciati con siringhe.
Nel giugno del ’99, esattamente due anni dopo, la corte aveva condannato in primo grado 17 dei 19 imputati.
Cinque anni dopo, nel 2004, quando tutto sembrava finito, un sicario è andato a saldare il conto in sospeso con Matilde Sorrentino.
Dopo 14 anni, nel 2018, è stato arrestato il mandante dell’omicidio che era stato assolto in appello dall’accusa di pedofilia.
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