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Masih Alinejad

Masih Alinejad

Le parole significano, sono una donna, fiorisco attraverso le mie ferite.

Masih Alinejad, giornalista iraniana in esilio dal 2009, è la donna più temuta dalla teocrazia al potere in Iran e tra le attiviste femministe più seguite al mondo.

A causa della sua campagna contro la dittatura degli Allatoyah, la guida suprema del paese, Ali Khamenei, ha emanato una fatwa nei suoi confronti e messo una taglia sul suo capo.

Insignita con vari premi internazionali, in marzo 2023 è stata inserita nella lista delle dodici donne dell’anno scelte da Time per “l’impatto significativo sulle loro comunità“.

Nata col nome di Masoumeh Alinejad-Ghomi a Qomi Kola, l’11 settembre 1976, è una giornalista e scrittrice. 

Dissidente sin da giovanissima, nel 1994 è stata arrestata per aver prodotto volantini critici nei confronti del governo.

Ha iniziato la sua carriera nella stampa nel 2001, è stata anche giornalista parlamentare fino a quando, nel 2005, è stata allontanata perché aveva sbugiardato i ministri che affermavano di aver subito tagli salariali mentre, in realtà, ricevevano considerevoli somme di denaro come bonus per qualsiasi cosa, dall’adempimento dei doveri religiosi all’inizio del nuovo anno.

Nel 2008, ha scritto un pezzo molto critico su un quotidiano in cui paragonava i seguaci di Mahmoud Ahmadinejad a delfini affamati che emettono suoni e si rendono ridicoli per afferrare un boccone di cibo dal loro addestratore. Il direttore del giornale venne stato costretto a scusarsi pubblicamente e prenderne le distanze.

Dal 2009 è andata a vivere in Inghilterra, in quell’estate, mentre era negli Stati Uniti per un’intervista a Barack Obama che non è riuscita a fare, ha partecipato alle proteste contro il governo iraniano e tenuto un celebre discorso a San Francisco, dove, rivolgendosi alle autorità iraniane, diceva: “Abbiamo tremato per trent’anni, adesso tocca a voi” un atto considerato una tempesta d’aria fresca.

Si è laureata in Comunicazione, Media e Cultura presso la Oxford Brookes University.

Nel 2014, ha aperto la pagina Facebook My Stealthy Freedom, seguita da centinaia di migliaia di persone in cui invitava le donne iraniane a pubblicare foto di se stesse senza hijab.

Nel 2015, il Summit di Ginevra per i diritti umani e la democrazia, le ha conferito il Women’s Rights Award per “aver dato voce a chi non ha voce e risvegliato la coscienza dell’umanità per sostenere la lotta delle donne iraniane per i diritti umani fondamentali, la libertà e uguaglianza“.

Ha pubblicato quattro libri in persiano e nel 2018 è uscito, in lingua inglese, The Wind in My Hair tradotto anche in italiano col titolo Il vento fra i capelli. La mia lotta per la libertà nel moderno Iran, che tratta del suo viaggio da un minuscolo villaggio nel nord dell’Iran per diventare giornalista e la creazione della campagna social che ha scatenato un movimento di protesta a livello nazionale. The New York Times l’ha definito un vivido ritratto dell’Iran moderno scritto con una schietta onestà, caratteristica della vita e della scrittura di Masih Alinejad.

Nel 2022 è uscito il docufilm biografico Be My Voice ed è stata insignita del Moral Courage Award dell’American Jewish Committee per aver parlato senza paura a sostegno del popolo iraniano oppresso dal governo. 

La sua famiglia d’origine, rimasta in Iran, compresa sua madre che non vede dal 2009, hanno subito persecuzioni e ritorsioni. Ella stessa è stata oggetto di un rapimento sventato nel 2021 e il Dipartimento di Giustizia Usa ha affermato che c’è stata una cospirazione per assassinarla.

Ha partecipato alla marcia a Bruxelles per chiedere all’Europa di inserire l’Irgc, i Pasdaran e il Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, nella lista delle organizzazioni terroristiche europee, cosa già avvenuta negli Stati Uniti.

Masih Alinejad è diventata un’icona per la sua chioma riccia e “provocante” sempre fermata da un fiore, prendendo apertamente posizione contro il regime sui social network e in ogni occasione pubblica.

Attualmente, vive con il marito e il figlio negli Stati Uniti in un rifugio segreto dell’Fbi.
#unadonnalgiorno

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