“Solo il giusto uso della ragione ci rende indipendenti da tutto, tranne dalla limpida ragione, il cui scopo è la libertà perfetta”.
Mary Wollstonecraft scrittrice e filosofa è considerata la fondatrice del femminismo liberale. Difese in ogni modo l’indipendenza della donna sfidando le convenzioni dell’epoca.
Nacque a Londra il 27 aprile 1759, seconda dei sette figli di Elisabeth e Edward John Wollstonecraft, costruì la sua istruzione attraverso studi personali. A diciannove anni, a causa della rovina economica del padre, alcolista col vizio del gioco che picchiava la moglie, Mary entrò nel mondo del lavoro, dapprima aprendo una scuola insieme alle sue sorelle, poi come istitutrice.
La brutalità e la violenza del padre le fecero prendere consapevolezza delle ingiustizie subite dalle donne della sua epoca. Si ribellò così all’autoritarismo paterno e parallelamente incominciò la sua attività di scrittrice, riversando nei suoi libri la presa di coscienza rispetto alle discriminazioni subite dalle donne.
I suoi primi testi sono riflessioni sulla condizione della donna nel sistema educativo e professionale. Quando cercava un lavoro, si rendeva conto che le sue possibilità erano due: fare l’istitutrice o la governante. Oltretutto, l’istruzione che ricevevano le donne era molto diversa da quella che ricevevano gli uomini e, di conseguenza, era enormemente limitata.
Come istitutrice si dimostrò alquanto atipica nell’insegnamento che impartiva ai bambini. Come risultato di questa esperienza, scrisse Pensieri sull’istruzione delle figlie (1787) e Storie originali di vita vera (1778), il suo unico libro di letteratura infantile. La sua prima opera seguiva uno stile abbastanza comune all’epoca, ma anticipò alcune riflessioni sulla donna nubile e, in particolar modo, sulle sue limitazioni economiche.
In seguito, ottenne un lavoro nella casa editrice di Joseph Johnson, lavorò come traduttrice e pubblicò Rivendicazione dei diritti degli uomini (1790). Questo testo era una risposta alla pubblicazione di Burke Riflessioni sulla rivoluzione francese (1790). Mary Wollstonecraft attaccò duramente i diritti ereditari e l’aristocrazia, difendendo la repubblica.
“Istruite fin dall’infanzia che la bellezza è lo scettro della donna, il loro spirito prende la forma del loro corpo e viene chiuso in questo scrigno dorato, ed essa non fa che decorare la sua prigione”.
Nel 1787 pubblicò Riflessioni sull’educazione delle figlie, collaborò con la rivista Analitical Review e frequentò molti intellettuali dal pensiero radicale come Thomas Paine, sostenitore del diritto di voto alle donne, la proto-femminista Anna Barbauld, l’anarchico William Godwin, i pittori William Blake e Heinrich Füssli. Con quest’ultimo nacque una travagliata relazione che finì perché l’uomo era già sposato.
Nel 1792 fu dato alle stampe il suo saggio Rivendicazione dei diritti della donna, considerato il primo manifesto del femminismo. Attaccava i romanzi rosa che venivano associati alle donne, poiché giustificavano in qualche modo la loro dipendenza dall’uomo e impedivano alla donna di pensare. Sosteneva un’istruzione razionale, chiedeva che le bambine fossero educate molto presto al pensiero e che potessero avere le stesse opportunità degli uomini. Le abilità della donna non erano una conseguenza della sua natura, ma derivavano dal sistema stesso e, soprattutto, dall’istruzione ricevuta. Demoliva così quasi tutti i pensatori del suo tempo e, andando oltre il testo, si spingeva nella sua rottura con le convenzioni.
Si recò nella Parigi rivoluzionaria dove entrò in contatto con i girondini, intellettuali favorevoli al riconoscimento dei diritti delle donne, con i quali predispose un progetto per l’istruzione popolare. In questo periodo conobbe Gilbert Imlay, un ufficiale dell’esercito americano, del quale si innamorò: i due ebbero una figlia, Fanny. La loro relazione fu tempestosa e lui la lasciò presto. La donna non prese bene l’abbandono e in preda a una crisi depressiva tentò il suicidio per ben due volte. Grazie a un viaggio in Scandinavia, si gettò anima e corpo nella stesura delle Lettere scritte durante una breve permanenza in Svezia, Norvegia e Danimarca.
In quest’opera, riflette su diverse questioni sociali e perfino sulla propria identità e sulla relazione dell’Io con il mondo. Rivendica nuovamente la libertà e l’istruzione delle donne e, infine, accetta che la sua storia con Imlay è finita.
In Inghilterra, nel 1796, cominciò la stesura del romanzo L’oppressione della donna. Nel gennaio dello stesso anno la scrittrice ritrovò il filosofo e saggista anarchico William Godwin, figura di spicco tra i letterati radicali, che aveva già conosciuto nel 1791. Tra i due scoppiò la passione, e ben presto Mary Wollstonecraft rimase incinta. I due si sposarono e stabilirono una regola per rispettare la loro indipendenza: vivere in case separate, ma attigue.
La loro unione durò solo pochi mesi: il 30 agosto 1797 Mary Wollstonecraft diede alla luce la sua seconda figlia, la futura scrittrice Mary Shelley (autrice del romanzo Frankestein). Le conseguenze del parto saranno però fatali alla madre, che morì il 10 settembre seguente di setticemia, fu per questo che alla bambina venne dato il nome della madre. Godwin, che adottò la piccola Fanny, scrisse al suo amico Thomas Holcroft: “credo fermamente che non esistesse una donna uguale a lei al mondo. Eravamo fatti per essere felici e ora non ho la minima speranza di esserlo mai più”. Il filosofo scrisse un’opera sulla vita di sua moglie, intitolata Ricordo dell’autrice de “I diritti della Donna”.
Ma, nonostante la sua buona volontà, Mary Wollstonecraft sarebbe stata ricordata solo per le sue polemiche, venendo, di conseguenza, rifiutata dagli intellettuali dell’epoca. Il mondo non era pronto a ricevere una donna come lei.
La sua storia e le sue opere furono messe a tacere, mantenute segrete, affinché nessuno osasse, come aveva fatto Mary, pensare, rivendicare i diritti della donna. Bisognerà aspettare un bel po’ di tempo prima che la nuova ondata di femminismo degli inizi del XX secolo rispolveri i suoi testi e li riporti alla luce.
Virginia Woolf e altre femministe dell’epoca si impegnarono a riportare in vita Mary Wollstonecraft, una donna incompresa e, senz’altro, avanti rispetto ai suoi tempi.
È stata spesso considerata la prima femminista e, in un certo senso, lo è stata; anche se non è stata l’unica donna in quel periodo storico col coraggio di rivendicare i propri diritti. Il femminismo non era ancora nato, ma lei aveva gettato il suo seme nella sua opera.
Recentemente le è stata dedicata una statua a Londra, a Newington Green dall’artista Maggi Hambling, che l’ha forgiata nuda argentea che emerge da una miscela di forme femminili. La scelta ha provocato non poche polemiche in tutto il pianeta. Perché ancora si usano due pesi e due misure, nessuno si sarebbe infatti sognato di fare una statua di Churchill nudo, ad esempio, perché una donna sì, allora?
A quanto pare a nulla serve essere la madre dei femminismi contemporanei, per citare un tweet della nostra Giulia Blasi, aver scritto uno dei primi trattati di rivendicazione dei diritti delle donne, essere madre dell’autrice di un capolavoro di tutti i tempi, essendo femmina è nuda che si deve raffigurata.
#unadonnalgiorno