Tendo ad applicare alla Storia la teoria della ‘corsa a staffetta’: il progresso nel campo delle relazioni umane dipende dall’accettazione, di generazione in generazione, del dovere individuale di opporsi ai mali del proprio tempo.
I mali del tempo cambiano, ma non si esauriscono mai e avrebbero libero corso se non vi fossero persone coscienziose disposte a dire: non darò il mio consenso.
Martha Gellhorn è stata giornalista e scrittrice statunitense.
Autrice di reportage di viaggio, è considerata una delle più grandi corrispondenti di guerra del XX secolo. È stata testimone dei più importanti conflitti internazionali che hanno avuto luogo nel corso dei suoi 60 anni di carriera.
Nata l’8 novembre 1908 a St. Louis in Missouri, era figlia della suffragetta Edna Fischel e di George, ginecologo di origine tedesca. Giovane spigliata e intraprendente, nel 1930, a 22 anni, con soli 75 dollari in tasca si era trasferita a Parigi dove ha lavorato per due anni alla United Press, una delle più grandi agenzie di stampa statunitensi.
Tornata negli Stati Uniti fu investigatrice per un’agenzia federale e i suoi rapporti precisi e dettagliati arrivarono sulla scrivania della first lady, Eleanor Roosevelt, di cui divenne grande amica.
Nel Natale del 1936 a Key West, conobbe Ernest Hemingway, già noto romanziere e giornalista. Fu un colpo di fulmine ma lui era sposato con Pauline Pfeiffer e i due aspettarono fino al 1940 per sposarsi.
Martha Gellhorn coprì, nonostante il disappunto del celebre coniuge, tutti gli eventi di guerra più importanti della sue epoca.
Raccontò l’ascesa del nazismo in Germania, documentò la caduta della Cecoslovacchia, per seguire l’esercito nello sbarco in Normandia si finse barelliera e si imbarcò su una delle navi d’appoggio durante il D-Day del 6 giugno 1944.
Nel 1945 divorziò da Hemingway che era sempre più contrariato dalla tenacia con cui svolgeva il suo lavoro. Da allora non ebbero più contatti.
“Sono stata una scrittrice per oltre 40 anni, ero una scrittrice prima di incontrarlo e sono stata una scrittrice dopo che l’ho lasciato. Perché dovrei essere semplicemente una nota a piè di pagina nella sua vita?”.
La sua passione la spinse in tutti i territori più caldi. Ha raccontato le liberazioni di Italia, Israele, Russia e Polonia era presente a Dachau quando gli alleati hanno aperto i cancelli del campo di concentramento. Nel 1966 fu in Vietnam, la sua narrazione obiettiva non piacque alle autorità militari statunitensi che la dichiararono persona non gradita e la allontanarono.
Ha documentato le storie dei bambini di strada in Brasile, la sua ultima missione è stata in Bosnia, aveva 82 anni.
Negli ultimi anni di vita divenne quasi totalmente cieca e un cancro alle ovaie si diffuse attaccandole il fegato. È morta a 89 anni il 15 febbraio 1998 a Londra: pare si sia uccisa ingoiando una capsula di cianuro.
Bill Buford del New Yorker, disse di lei: “Appassionata e politica, eccitate e affascinante. Amava bere, spettegolare, fumare e flirtare. Era estremamente divertente. Era motivata da una profonda e radicata preoccupazione per la giustizia. Era l’amica dei diseredati, degli oppressi, dei trascurati. Ed era una brava scrittrice”.
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