Marina Cuollo, scrittrice, attivista, autrice di podcast e content creator. Attraverso la sua scrittura e usando lo strumento dei social, apporta un contributo costante e potente contro discriminazioni e pregiudizi legati alle disabilità fisiche.
Nata a Napoli nel 1981, ha una laurea in Scienze biologiche e un dottorato in processi biologici e biomolecole. Ha una sindrome genetica molto rara, la Melnick Needles, un’osteodisplasia scheletrica che conta un centinaio di casi in tutto il mondo.
Collabora con varie riviste, ha una rubrica su Vanity Fair, Area Marina.
Il suo libro d’esordio, del 2017, intitolato A Disabilandia si tromba, è un saggio umoristico in cui racconta la sua esperienza come persona con disabilità. Ha partecipato al saggio Anche questo è femminismo di Bossy.
Svolge con umorismo e intelligenza un lavoro militante di ricostruzione della narrazione.
In un’intervista ha raccontato:
Spesso, quando si parla di una persona con disabilità, si tende a mettere il corpo al primo posto, lasciando in secondo piano la persona. A volte, vince una narrazione pietistica, altre, invece, è un’apoteosi di “guarda come ce l’ha fatta, com’è bravo nonostante tutti i suoi problemi”. Ma anche questa narrazione non è del tutto corretta perché il farcela o meno non dipende solo da noi, ma anche dalla fortuna di essere in una famiglia con i mezzi e la mentalità per aiutarti, per esempio. E puntare sempre e solo su quanto le persone siano forti significa eliminare anche la responsabilità sociale del Paese.
Femminista intersezionale, si riconosce nella nuova ondata del movimento che include qualsiasi soggettività.
Quando ero giovane il femminismo per me era qualcosa di lontano. Era figo vedere tutte quelle donne marciare in piazza, mi chiedevo come potessi essere come loro. Ma le loro lotte spesso non erano le mie: mentre parlavano di aborto, io stavo ancora a pensare se mai sarei riuscita a fare sesso, perché per me era precluso. Noi donne con disabilità tendevamo ad autoescluderci dal dibattito e venivamo escluse perché considerate, in qualche modo, deboli. Anche agli occhi delle altre donne. Per questo per me il femminismo intersezionale è stato una grande salvezza: mi ha permesso di sentirmi riconosciuta.
Marina Cuollo è una influencer, ha quasi 40.000 follower su Instagram, tiene discorsi al TEDx, scrive e racconta i fatti di costume e attualità con profonda intelligenza e impareggiabile ironia. Informa e mostra la complessità della vita e della narrazione soprattutto attraverso i social network che le hanno permesso di far sentire la sua voce e mostrare come la disabilità non è e non deve essere relegata a specifici ambiti, perché parte di qualsiasi aspetto della nostra società.
Denuncia sovente, nei suoi articoli, la mancanza di un racconto differente, di una narrazione che riesca davvero a dissipare l’alone eroico che ci contorna, mostrando che la disabilità è solo uno dei molteplici aspetti che ci compongono.
Quando una donna con disabilità si trova in un ambiente che secondo l’immaginario collettivo non gli appartiene, magari è su una rivista o su una passerella, la maggior parte delle persone non ha il coraggio di scavare sotto la coltre del disagio e i commenti slittano da lei a chi ha deciso di inserirla in quel contesto. Quando Gucci scelse Ellie Goldstein per una delle sue campagne beauty, numerosi commenti sui social accusavano il brand di strumentalizzare la disabilità, quando probabilmente quelle persone si sentivano solo a disagio nel guardare in faccia un loro pregiudizio.
Basterebbe pensare a questa enorme ipocrisia per capire quanto giudicare i corpi delle persone sia una cosa davvero priva di senso. Non c’è niente di terribile nel cominciare a fare a pezzi quei paletti che ci tengono ancorati a un’idea precostituita di corpo. Perché altrimenti con l’intento di includere sempre più persone, vedremo quella famosa asticella abbassarsi nel tempo, ma mai distruggersi davvero.
Marina Cuollo, tenacemente, rompe il tabù del giudizio generale sulla disabilità, sui corpi non conformi. Usando i social, ma anche la scrittura, dà voce a argomenti ancora troppo poco sviscerati nella narrazione generale.
E, chi pratica il femminismo, sa bene che ciò che non si nomina non esiste, per questo, con tenacia, con tanta sagacia, ogni giorno, ci ricorda che esiste, che conta e che ha tanto da raccontare.
#unadonnalgiorno