Nata a Varsavia, il 7 novembre 1867, in una Polonia allora dominata dalla Russia, era l’ultima di cinque figli e figlie di una famiglia appartenente alla piccola nobiltà terriera degli szlachta.
Seria, solitaria e desiderosa di apprendere, aveva iniziato a studiare da autodidatta col padre. Era una brillante studentessa, dotata di particolare memoria, grande capacità di concentrazione e sete di sapere. Poiché ai tempi, alle donne non era concesso di andare all’università, si trasferì a Parigi per studiare matematica e fisica.
Per tutta la sua esistenza, ha avuto una relazione speciale con sua sorella Bronisława, che l’ha sempre protetta e incoraggiata. Questo grande legame di sorellanza, ha determinato il suo atteggiamento positivo e di complicità con le altre donne.
A 17 anni aveva già rifiutato ogni religiosità coltivando la fede nel progresso che, nel positivismo trovò la sua armatura e via d’azione. Aderendo, giovanissima, a un gruppo studentesco nazionalista, sotto il naso della polizia zarista, conduceva campagne di sensibilizzazione e raccolta di libri per persone indigenti della classe operaia.
Per aiutare la sorella a pagarsi gli studi di medicina a Parigi, aveva lavorato, per diverso tempo, come governante.
Nel 1891, ha potuto finalmente coronare il suo sogno di studiare alla Sorbonne dove si è laureata in matematica e fisica.
Quindici anni più tardi, il 5 novembre 1906, è stata la prima donna a insegnare in quella stessa università.
Ha conosciuto il fisico e matematico francese Pierre Curie nel 1894, l’anno successivo si sposarono, iniziando un fortunato sodalizio scientifico fatto di stima e collaborazione.
Gli studi sulle sostanze radioattive, che hanno determinato tutta la sua ricerca, sono iniziati nel dicembre 1897.
Marie Curie ha dedicato la sua vita all’isolamento e alla concentrazione del radio e del polonio, presenti in piccolissime quantità nella pechblenda, minerale radioattivo e una delle principali fonti naturali di uranio. Ignorando gli effetti nocivi che queste radiazioni hanno sull’organismo umano, ha esaminato tonnellate di minerale, fino a quando, nel luglio del 1898, è riuscita a isolare una piccola quantità di un nuovo elemento dalle caratteristiche simili al tellurio e 330 volte più radioattivo dell’uranio che venne chiamato polonio. Il resoconto di tale lavoro, unitamente a quello immediatamente successivo che portò alla scoperta del radio, divenne la sua tesi di dottorato.
In un capannone che usava come laboratorio, senza aerazione, ha lavorato instancabilmente inalando gas tossici, per riuscire a separare il radio dal bario con il metodo della cristallizzazione frazionata che aveva ideato e messo a punto.
Il 28 marzo 1902 ha annotato sul suo quaderno: RA = 225,93, il peso di un atomo di radio. È stata la fine di un’avventura senza altri precedenti noti nella storia della scienza.
Intenzionalmente non depositò il brevetto internazionale per il processo di isolamento del radio, preferendo lasciarlo libero, così che la comunità scientifica potesse effettuare ricerche senza ostacoli.
I coniugi Curie, per le loro ricerche ricevettero la Medaglia Davy nel 1903 e la Medaglia Matteucci nel 1904.
Marie Curie, nel novembre 1906 ha ottenuto la cattedra di fisica generale alla Sorbonne detenuta, in precedenza, dal marito morto in un incidente il 19 aprile dello stesso anno.
Nel 1909 ha fondato a Parigi l’Institut du radium, oggi noto come Istituto Curie e, nel 1932, uno analogo a Varsavia, anch’esso rinominato Istituto Curie.
Nel 1911 è stata al centro di uno scandalo per la sua relazione amorosa con Paul Langevin, ricercatore di fisica che era sposato, padre di quattro figli e più giovane di lei di cinque anni. La scienziata ne ammirava le ricerche che fornirono importanti contributi nel campo degli ultrasuoni, dello studio dei raggi X e della piezoelettricità. La vicenda rischiò persino di compromettere l’assegnazione del suo secondo premio Nobel alla cui cerimonia venne sconsigliato di partecipare. Ma lei ci andò lo stesso.
Negli ultimi anni della sua vita fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, quasi certamente contratta a causa delle lunghe esposizioni alle radiazioni di cui, all’epoca, si ignorava l’alta pericolosità.
È morta il 4 luglio 1934 nel sanatorio di Passy, in Alta Savoia. Venne sepolta nel piccolo cimitero di Sceaux.
La secondogenita, Ève Denise Curie, scrittrice, consigliera speciale del Segretariato delle Nazioni Unite e ambasciatrice dell’UNICEF in Grecia, ha vissuto, invece, fino a 103 anni.
La nipote Hélène Langevin Joliot è professoressa di fisica nucleare all’Università di Parigi. Un altro nipote, Pierre Joliot è un noto biochimico che si occupa dello studio della fotosintesi.
Negli anni novanta, in suo onore, è stata emessa una moneta da 100 franchi francesi e una banconota da 20 000 złoty polacchi che la raffigura.
Ai coniugi Curie è stato dedicato un asteroide, il 7000 Curie, e un minerale di uranio: la curite. A Maria Skłodowska è stato dedicato un altro minerale di uranio, la sklodowskite, oltre all’unità di misura della radioattività, il curie.
Maria Skłodowska Curie è stata una donna indipendente e determinata, pioniera nel campo delle scienze di cui ha determinato il corso, con una mente libera e solidale. Credeva nel progresso e nella condivisione del sapere. Non si è lasciata condizionare dalla mentalità dei tempi in cui è vissuta, è andata avanti, caparbia, a rincorrere la sua fede nella ricerca e nella scienza, incurante del pericolo, fino all’ultimo istante della sua vita.
Una donna che ha cambiato le sorti dell’umanità.
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