Nata a Padova il 25 giugno 1935 in una famiglia della media borghesia, dopo la laurea in scienze matematiche nel 1961, si era trasferita a Milano, dove lavorava alla Pirelli.
Successivamente si è abilitata come insegnante. Nel 1969 ha pubblicato un manuale scolastico di insiemistica corredato da esercizi.
Trasferitasi a Roma all’inizio degli anni Settanta, ha frequentato il collettivo femminista di via Pompeo Magno, partecipando al movimento omosessuale e a quello femminista, approfondendo tematiche legate ai diritti civili e all’impegno politico.
Nel 1971 ha fondato il Fronte di Liberazione Omosessuale (FLO), partendo dall’idea che le lesbiche dovessero liberarsi dalla doppia oppressione che subivano in quanto donne e omosessuali, il movimento poi è confluito nel Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (F.U.O.R.I.) di cui ha creato, insieme a Angelo Pezzana, l’omonima rivista.
Nel 1972 ha curato un’antologia di testi sui movimenti omosessuali di liberazione provenienti da tutto il mondo I movimenti omosessuali di liberazione. Documenti, testimonianze e foto della rivoluzione omosessuale, che ancora oggi è considerato una bibbia dei diritti civili.
Attivista impegnata e agguerrita, ha svolto un ruolo di primo piano nella Stonewall italiana, la manifestazione di protesta tenutasi a Sanremo contro un Congresso internazionale di Sessuologia che come tema aveva i “Comportamenti devianti della sessualità umana”. Coinvolgendo militanti provenienti anche dall’Inghilterra, dal Belgio e dalla Francia, riuscirono a far chiudere anticipatamente l’evento. Quando venne intervistata dal Corriere della Sera, non aveva avuto remore a dichiarare il suo nome e cognome, scelta che ha pagato sulla sua pelle.
Grazie alla conoscenza delle lingue straniere e alle relazioni maturate nel corso dei suoi viaggi, è stata anche la principale organizzatrice del primo Congresso internazionale delle donne omosessuali, del 27 e 28 aprile 1974, denunciando esplicitamente il clima pesante di emarginazione e solitudine in cui si viveva.
A causa del suo attivismo, venne licenziata dal Ministero dell’Istruzione con la motivazione di essere indegna all’insegnamento.
Ripudiata dalla sua famiglia, senza la possibilità di lavorare, ha cominciato a vivere per strade e girovagare per diverse città italiane. All’inizio si appoggiava a casa di amiche e amici, per poi ritrovarsi a dormire per strada, nelle stazioni, dove capitava. Viveva da barbona, sempre china sulle campane della carta, a recuperare libri e riviste, non ha mai smesso di leggere e documentarsi, anche nella sua vita ai margini. Si racconta che fosse sempre intabarrata nella sua giacca a vento rossa e blu, con il cappello di lana calato sulla testa, d’estate e d’inverno e che si rifugiasse nella biblioteca, quando fuori era troppo freddo.
Per strada veniva ingiuriata, sbeffeggiata, presa in giro, le spegnevano addosso le sigarette, la picchiavano.
Negli anni Novanta si è ammalata di una cancrena alla gamba. Presa in carico dai servizi sociali, venne ospitata in una casa di riposo da dove di giorno usciva e tornava la sera per dormire.
È stato a Villa Armonia a Bolzano, che ha passato gli ultimi anni della sua vita, ha contribuito a curare la vita culturale della struttura, recuperando una piccola parte degli affetti che le erano stati ingiustamente tolti.
Lì, tra i suoi amati libri, è morta il 31 ottobre 2018.
Dopo la sua dipartita, grazie al fotografo Lorenzo Zambello e al quotidiano Alto Adige la storia della coraggiosa pioniera del movimento per i diritti delle persone omosessuali, ha avuto un riconoscimento pubblico.