Maria Goia, femminista, pacifista, politica e sindacalista appassionata, ha lottato per i diritti delle donne e dei lavoratori, ponendo l’attenzione sui processi di costruzione sociale e simbolica dell’identità femminile e sul sistema di relazione tra i sessi che hanno contraddistinto la storia contemporanea.
La sua visione globale della società è stata sostenuta da un grande impegno sociale e una dedizione volta a trasformare il bisogno in diritto a favore di donne, braccianti, operai, bambini.
Nacque a Cervia il 28 novembre 1878 in una famiglia numerosa e modesta, la madre faceva la lavandaia e il padre il salinaro.
Iscrittasi alla Scuola Normale per conseguire il diploma di maestra, nel 1898 dovette interrompere la frequenza a causa delle precarie condizioni economiche della famiglia e la mancanza di sussidi.
Iscritta al Partito Socialista Italiano nel 1901, svolse un’intensa attività di conferenze militanti tanto che, già due anni dopo, era stata segnalata dalle autorità di polizia come un soggetto “da vigilare”.
Nel 1906, dopo aver sposato Luigi Riccardi, che con lei condivideva la militanza nel partito, si trasferì in provincia di Mantova, dove rimase fino al 1919. Rimasta vedova dopo soli sei mesi di matrimonio, si dedicò interamente alla propaganda politica.
Centrale nel suo pensiero politico fu la critica alla condizione economica e sociale della donna che denunciava come una vera e propria forma di sudditanza, di “schiavitù”.
Ha contribuito a fondare l’Unione Nazionale delle Donne Socialiste per “stimolare e coordinare l’agitazione e la propaganda socialista nel proletariato femminile”. Nei suoi numerosi comizi in giro per l’Italia ha sempre rivendicato il diritto di voto per le donne e la parità salariale, strumenti indispensabile per l’emancipazione.
Appartenente alla corrente riformista, era convinta che l’organizzazione sindacale e quella politica dovessero rimanere distinte e, nel proprio ambito, autonome.
Promuovendo il modello cooperativo, nelle campagne mantovane e romagnole riunì le donne in leghe contadine e in cooperative considerate spazi di riunione e di riflessione, ma soprattutto di educazione e istruzione.
Divenuta segretaria della Camera del Lavoro di Suzzara, ha organizzato gli operai disoccupati in una cooperativa di produzione metallurgica chiedendo un aiuto finanziario alle cooperative di consumo, muovendo i primi passi verso la creazione del sistema di cooperazione integrale di cui questo fu l’unico esempio in tutto il Nord Italia.
Ha collaborato con diverse testate e partecipato alla redazione di La difesa delle lavoratrici il periodico socialista fondato a Milano nel 1912 da Anna Kuliscioff, Lidia Malnati e Griselda Brebbia.
La rottura con il gruppo socialista mantovano avvenne nel 1911 allo scoppio della guerra di Libia quando, profondamente avversa alla guerra, cominciò un’intensa campagna pacifista che la allontanò progressivamente dall’ala interventista del partito. Le sue conferenze allora avevano come tema centrale l’idea della guerra intesa come disumanizzazione dell’individuo. A causa della sua attività fu costantemente controllata dalle autorità, poi arrestata e costretta ad allontanarsi forzatamente da Suzzara.
L’8 settembre 1916, munita di foglio di via, era andata a Firenze per poi trasferirsi a Milano dove continuò l’intensa attività sindacale entrando a far parte della Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro.
Nonostante la malattia, che l’ha accompagnata negli ultimi anni di vita, non ha mai cessato di occuparsi dell’organizzazione dei circoli e delle sezioni femminili socialiste.
Rientrata a Cervia, nel gennaio del 1919, venne eletta Segretaria della succursale provinciale della Camera del Lavoro, dove si è impegnata per la creazione di una Biblioteca popolare e per il miglioramento delle condizioni dei braccianti. Convinta che accesso agli studi e condizioni favorevoli di lavoro potesse creare welfare e equità sociale.
Continuava a scrivere sulle pagine dei giornali, da dove, avvertita la minaccia del fascismo, non cessò mai di riaffermare le sue convinzioni.
Si è spenta nella sua città natale il 15 ottobre 1924, di ritorno dalla visita alla madre di Giacomo Matteotti, in seguito al suo assassinio.
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