Da noi da sempre la gente vive di poco, quasi di niente. La nostra povertà è indicibile. Io da bambina andavo a piedi nudi in campagna a lavorare; canto perché mia nonna cantava, e sulle tanche l’uomo cantava contro la solitudine. Mio padre è morto di povertà e io sono salita sul palco in piazza a cantare, mi davano cento lire, cantavo davanti a folle di pastori, sul palco di cento paesi.
Maria Carta, cantautrice, attrice e politica è stata la voce della Sardegna.
Una voce grande e scura è stata l’ambasciatrice della canzone, della storia e del dolore dell’isola.
Durante la sua carriera ha ripercorso i molteplici aspetti della musica sarda, dal repertorio popolare ai canti gregoriani.
Ha fuso sapientemente la tradizione con arrangiamenti moderni e personali.
Nacque col nome di Maria Giovanna Agostina a Siligo, un piccolo paese della provincia di Sassari, il 24 giugno 1934. Aveva otto anni quando perse il padre, cosa che la costrinse a un’infanzia di stenti e fatiche, invece di studiare, era costretta a lavorare, in casa e nei campi.
Ancora bambina aveva iniziato a cantare in chiesa, suo nonno la accompagnava a esibirsi nei paesi durante le feste popolari, dove le piazze diventano teatri per le improvvisazioni poetiche.
Nel 1957 era una giovane molto bella e con tanta voglia di riscossa, vinse il concorso Miss Sardegna, partecipò a Miss Italia e recitò nel fotoromanzo Questo sangue sardo.
Ai suoi esordi, si è scontrata con la difficoltà di essere accettata come donna sul palcoscenico in Sardegna, perché, raccontava, allora il canto sardo era appannaggio esclusivo degli uomini. Anche dopo, quando ha portato la cultura sarda nel mondo, polemizzeranno contro di lei accusandola di aver “culturizzato” il canto sardo per renderlo più commerciale, e che quel suo modo di cantare non aveva nulla di genuino, perché in Sardegna le donne non cantavano. Non capivano che lei stava nobilitando quel canto, elevandolo a patrimonio nazionale. ma non si è mai arresa e ha continuato ad affermare la validità del suo lavoro.
In un periodo in cui le donne non potevano neppure uscire di casa da sole, prese la patente di guida e alla fine degli anni cinquanta si trasferì a Roma, dove fece ogni tipo di lavoro finché non conobbe lo sceneggiatore Salvatore Laurani, che poi sposò. Fu lui a spingerla verso la carriera musicale.
Ha frequentato il centro studi di musica popolare dell’Accademia di Santa Cecilia e da lì ha iniziato a esplorare la sua terra per ricercare e registrare antichi canti salvandoli dall’oblio e dando loro la sua voce avvalendosi, col tempo, di importanti collaborazioni e produzioni.
Nel 1971, dopo aver incontrato Ennio Morricone che la propose alla famosa casa discografica RCA, ha pubblicato ben due album: Sardegna canta e Paradiso in re. Nello stesso anno venne trasmesso dalla Rai il documentario Incontro con Maria Carta, nel quale cantava e recitava con Riccardo Cucciolla. Poco dopo venne registrato un altro documentario dal titolo Maria Carta. Sardegna, una voce.
Nel 1972 ha recitato nella Medea di Franco Enriquez al Teatro Argentina e ebbe l’occasione di fare un fortunato incontro con la più grande interprete di fado portoghese, Amália Rodrigues, con cui tenne un concerto al Teatro Sistina e una tournée in Sardegna.
Nel 1974 ha partecipato a Canzonissima interpretando Deus ti salvet Maria classificandosi seconda in finale nel girone della musica folk con il brano Amore disisperadu.
Nel 1975 ha scritto un libro di poesie, intitolato Canto rituale che affida alla poesia la denuncia sociale. Racconta la sua infanzia di povertà e i miracoli quotidiani di quel mondo incantato immerso nella natura selvaggia. È una specie di Spoon River sarda, in cui si celebrano i rituali contadini, le festività, la memoria del territorio attraverso le storie di morti, uomini e donne che in questo luogo montuoso e scabro non vogliono che il loro ricordo resti sepolto.
In quel periodo si è esibita al Teatro Bol’šoj di Mosca e dal 1976 al 1981 è stata nel consiglio comunale di Roma eletta per il Partito Comunista Italiano.
Anni dopo, nel 1988, in un concerto in occasione del IX centenario dell’Università di Bologna, presso la quale era stata nominata docente a contratto in antropologia culturale, dirà: «Io purtroppo non ho avuto la possibilità di trascorrere la mia giovinezza china sui libri, ma affaticando la schiena sul lavoro, essere qui oggi è molto importante per me, perché mi rendo conto che nella vita ciò che conta non è la fortuna che si ha in gioventù, ma quanto si riesce a costruire da soli».
Come attrice, è stata la protagonista di importanti film, ha interpretato il ruolo della madre di Vito Corleone ne Il padrino – Parte II di Francis Ford Coppola nel 1974 e di Marta nello sceneggiato Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, nel 1977.
Ha partecipato al Festival d’Avignone, è stata ospite in numerose trasmissioni televisive e si è esibita in prestigiosi spazi oltreoceano. Nel 1992 ha realizzato il musical teatrale A piedi verso Dio con brani composti da Franco Simone.
Il suo ultimo concerto è stato a Tolosa, in Francia, il 30 giugno 1993.
Ha lasciato la terra il 22 settembre 1994, nella sua casa di Roma, a causa di un tumore che la affliggeva da tempo, aveva 60 anni.
Maria Carta con la sua immagine ieratica è stata una sacerdotessa dalla voce miracolosa che commuove. Cantante, studiosa, ricercatrice di canti tradizionali che ha raccolto e studiato preservandoli dalla sparizione.
È riuscita a riscattare attraverso la cultura, un’infanzia di stenti vissuta tra la fatica del lavoro nei campi e la solitudine di un territorio selvaggio e isolato, che per molto tempo non ha avuto nulla da darle.
Dopo la sua morte, nel 1994 è stata istituita la Fondazione Maria Carta, per promuovere la cultura e la musica della Sardegna che, dal 2003 attribuisce ogni anno il Premio Maria Carta a chi contribuisce a promuovere l’immagine della cultura sarda in Italia e nel mondo.
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