Marguerite Duras, pseudonimo di Marguerite Germaine Marie Donnadieu, nata a Saigon nel 1914, è stata una scrittrice, regista e sceneggiatrice francese.
La sua infanzia e giovinezza sono state segnate profondamente dalla morte del padre, avvenuta nel 1918: le difficoltà economiche, l’enorme responsabilità di allevare da sola tre figli, faranno della madre, Marie Legrand, una donna dura, ma fragile dal punto di vista psichico. A lei la figlia sarà legata da un rapporto contraddittorio di amore-odio.
I genitori, entrambi francesi, si erano conosciuti in Indocina, dove insegnavano dai primi del Novecento e dove la scrittrice visse la sua gioventù. Nonostante la morte precoce, Henri resta una presenza continua nell’assenza, evidente in varie pagine della figlia.
Marguerite vive un legame molto intenso con il fratello Paulo, mentre si acuisce col tempo la distanza da Pierre, fratello primogenito, descritto come un nevrotico, fumatore d’oppio, probabilmente collaborazionista durante la guerra e, quindi, molto distante dagli ideali della sorella.
La madre aveva ottenuto una concessione di risaie nell’Alta Cambogia, che si rivelarono del tutto inadatte alla coltivazione e furono causa del disastro economico della famiglia.
Fuori di senno, la donna tenterà più volte di costruire delle dighe per porre riparo al disastro, ma senza riuscire nello scopo e perdendo ulteriore denaro. Il fatto, unito alla forte critica della corruzione dell’amministrazione coloniale, è al centro del romanzo che segnò l’inizio del successo: Una diga sul Pacifico (1950).
Degli anni trascorsi in Asia è fondamentale la relazione sentimentale iniziata a circa 15 anni con un cinese abbiente, Léo, che aveva studiato a Parigi, elegante e cortese. Il legame durerà solo un anno e mezzo, ma attorno a esso ruotano i due capolavori inscindibili della Duras, L’amante (1984) e L’amante della Cina del Nord (1991) scritto nel momento in cui Marguerite Duras seppe della morte dell’uomo. Un amore infelice fin dall’inizio: la famiglia di lui si opponeva perché Marguerite era una “bianca”, i familiari di lei disprezzavano “il cinese”, ma approfittavano cinicamente della sua ricchezza in un periodo per loro molto difficile.
Un anno e mezzo dopo l’incontro tra i due, tutta la famiglia va in Francia, Marguerite decide di restare a studiare diritto, matematica, scienze politiche. Si impiega al Ministero delle colonie e inizia a scrivere e a frequentare ambienti intellettuali. I ponti con la famiglia originaria sono ormai tagliati, rivedrà la madre brevemente, nel 1949.
Nel 1939, sposa Robert Antelme, intellettuale e scrittore, deportato nel ’44 nei campi di concentramento in Germania: tale esperienza di solitudine e angoscia darà vita al capolavoro La douleur (1985).
Gli anni della guerra sono fondamentali: dal ’43 Marguerite Duras è nella Resistenza e conosce persone determinanti per la sua maturazione culturale e umana.
Nel primo decennio postbellico nasce l’amicizia con Elio Vittorini e sua moglie Ginetta: gli scritti degli anni Cinquanta, Le marin de Gibraltar e Les petits chevaux de Tarquinia, sono frutto delle vacanze italiane trascorse con i due.
Sia Vittorini che Italo Calvino furono da subito grandi ammiratori delle tecniche di scrittura di Marguerite Duras, ricondotte da molti al Nouveau roman, nonostante l’isolamento della scrittrice rispetto a qualsiasi movimento culturale.
L’essenzialità sintattica di una scrittura rarefatta, la profondità delle riflessioni e l’estrema efficacia stilistica, la rilevanza dei singoli termini, che evocano situazioni lasciate all’interpretazione del lettore, sono tutti elementi che ricordano lo stile rapido ed incisivo degli scrittori americani, tanto amati allora in Europa.
Gli anni Quaranta sono quelli della dolorosa perdita del primo figlio, morto alla nascita nel ’42, e del dolore devastante per la morte del suo adorato fratello.
Si iscrive al partito comunista da cui, dopo un graduale allontanamento, sarà espulsa nel ’50.
Nel 1946 divorzia da Antelme, inizia un legame con Dionys Mascolo da cui, nel ’47, avrà un figlio e dal quale si separerà nel ’57: ma una grande amicizia legherà sempre Marguerite, Dionys e Robert.
Dagli anni Cinquanta in poi Marguerite Duras trasforma un’altra volta la sua esistenza: sempre impegnata politicamente (schierata contro la guerra in Algeria tra gli anni Cinquanta e Sessanta, firma, nel 1960, il Manifesto in favore del popolo algerino e contro quel conflitto) e dedita alla scrittura (Moderato cantabile, del 1958, inaugura una struttura narrativa più complessa rispetto alle opere precedenti), sarà attaccata sovente dai benpensanti per il rigore ideologico e la condotta lontana dalla morale borghese comune.
Inizia a bere, tanto da essere ricoverata più volte in ospedale e da dover affrontare più tardi, nel 1983, una cura di disintossicazione.
Non bevevo mai per essere ubriaca. Non bevevo mai in fretta. Bevevo continuamente e non ero mai ubriaca. Lontana dal mondo, irraggiungibile, ma non ubriaca.Una donna che beve è come se bevesse un animale, un bambino. L’alcolismo diventa scandalo se chi beve è una donna: una donna alcolizzata è raro, è grave. È la natura divina che è colpita.
L’interesse per la cinematografia l’assorbe fino agli anni Settanta; gli esiti più noti sono: Hiroshima mon amour (regia A. Resnais, sceneggiatura Duras 1959); Nathalie Granger, 1972; Le ravissement, 1964; La femme du Gange, 1973; India Song, 1974.
Faccio film per occupare il tempo. Se avessi il coraggio di non fare niente, non farei niente. È perché non ho il coraggio di non occuparmi di niente che faccio film.
Quello di Marguerite Duras è stato definito cinema strutturale, che abbandona la narrazione per svilupparsi sulla valorizzazione dei processi tecnici e delle strutture minime del linguaggio cinematografico, come il fotogramma, il colore, il suono.
La notorietà a livello internazionale arriva dagli anni Ottanta: nel 1984 con L’amante ottiene il Goncourt.
Ho cominciato a scrivere in un ambiente in cui dovevo farlo con pudore. Scrivere, allora, era ancora un impegno morale. Adesso scrivere sembra che spesso non sia più niente.
Nel 1982 esce La maladie de la mort, saggio che indaga il rapporto tra i sessi.
Dal 1980 collabora assiduamente con il giornale francese «Libération» e inizia anche il legame e la convivenza con il giovane omosessuale Yann Andrea, alla cui figura sono dedicati Occhi blu capelli neri (1986) e, soprattutto, Yann Andrea Steiner del ’92.
Nel narrare e rinarrare le sue storie, Duras mette il suo io del passato e quello del futuro uno accanto all’altro, rappresentando un’immagine sfaccettata di sé, non un marchio, o un monolite. Dietro di sé ha lasciato un registro pubblico del suo caos, del suo io mutevole. Se si è accorta di aver sbagliato qualcosa, lo ha ripercorso, lo ha detto di nuovo. Nel farlo, non ha cancellato. Ha aggiunto. Questo vale per i suoi romanzi come per i suoi brevi articoli sui periodici. Anche quando descrive eventi politici, come gli scioperi degli operai in Polonia del 1980, lo fa attraverso aneddoti personali. Un riconoscimento della propria soggettività, l’incompletezza della propria esperienza e prospettiva.
Scrive dell’apocalisse e di quanta tv guarda: La televisione non è niente, niente. Eppure la guardiamo lo stesso, e la guardiamo insieme al resto del paese, ascoltiamo le stesse cose nello stesso momento. E impariamo anche delle cose insieme, che non è poi così male.
Il saggio personale, una fusione di aneddoti e cultura popolare, talvolta scritto di fretta, talvolta con una tesi appena accennata, a seconda della destinazione, è la sua modalità di scrittura, scelta deliberatamente.
Scriveva sui periodici per avere un guadagno e per sperimentare quello che riteneva il mondo più sociale della saggistica, e si accostava alla politica, alla cultura, al crimine e alla moda.
Eppure la sua opera rifugge i fatti fondanti, i dettagli, preferendo le libere associazioni. Lettrice avida, accumulava riferimenti e suggestioni. Forse per questo, invece che approssimative e superficiali, le sue riflessioni improvvisate sono solide e dirette, toccanti nella loro schiettezza.
È quando l’intelligenza è all’apice del suo potere che si acquieta. E allora fluisce la scrittura.
Malata gravemente dal 1988, muore a Parigi nel 1996.
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