Io sono stata allevata a credere che la sola cosa degna di essere fatta era di aggiungere qualcosa alla somma dell’informazione accurata nel mondo.
Margaret Mead è l’antropologa più famosa della storia.
È nata a Filadelfia nel 1901 e morta a New York nel 1978.
I suoi studi sul comportamento degli adolescenti nelle isole Samoa, e sui rapporti tra evoluzione degli individui e formazione delle culture fanno di lei, da oltre un trentennio, una delle più autorevoli personalità dell’antropologia culturale. Numerose le sue pubblicazioni. Tra le più importanti tradotte in italiano: L’adolescente in una società primitiva, Crescita di una comunità primitiva e Generazioni in conflitto.
Fu allieva di Ruth Benedict e Franz Boas alla Columbia University, dove successivamente insegnò antropologia culturale. Intraprese viaggi etnografici nelle Samoa, nelle Isole dell’Ammiragliato e in Nuova Guinea. Le ricerche fatte nei luoghi in cui si recò ispirarono i suoi libri, divenuti classici letti in tutto il mondo.
Nei suoi studi si è concentrata soprattutto sul ruolo dei fattori biopsicologici, culturali e individuali nella strutturazione della personalità individuale e sociale, concludendo che la variabilità naturale dei caratteri congeniti basilari è universalmente identica, ma ciascuna cultura seleziona e modella poi un numero limitato di forme.
L’estrema abilità di scrittrice, e una forte sensibilità ai problemi sociali e politici, fecero di Margaret Mead una protagonista della scena culturale statunitense a lei contemporanea, si impegnò attivamente nelle fasi centrali della nascita del movimento femminista.
Tra le opere: Sesso e temperamento in tre società primitive (1935); Maschio e femmina (1949).
Si interessò al problema del carattere e dell’identità nazionale e ai rapporti tra mutamento economico e cambiamenti della struttura della personalità.
Durante le sue ricerche a Bali dal 1936 al 38 – in compagnia del terzo marito, Gregory Bateson – utilizzò fotografia e video come significative tecniche di indagine etnografica: filmati poi divulgati dalla figlia, Mary Katherine Bateson.
Ha speso l’intera esistenza a studiare, in diverse società, i processi culturali della costruzione del maschile e del femminile, i “ruoli sessuali”, una tappa fondamentale nella formazione della nozione di genere.
La sua ricerca più conosciuta è stata L’adolescente in una società primitiva. Uno studio psicologico della gioventù primitiva ad uso della società occidentale del 1928, risultato di una ricerca effettuata fra il 1926 e il ’28 nelle isole Samoa. Per tutto il periodo di studio, Margaret Mead viveva nei villaggi, nelle capanne con gli abitanti del posto, conducendo la stessa vita per capire fino in fondo abitudini e consuetudini. Lo scopo del suo lungo lavoro fu capire se la crisi tipica del periodo adolescenziale in Occidente fosse legata allo sviluppo naturale e biologico o se fosse l’effetto di interferenze da parte dell’ambiente. Per questo studiò lo sviluppo dei giovani samoani e lo mise in relazione con quello dei bambini occidentali. Ne derivò che le differenze tra il mondo occidentale e il mondo orientale erano molteplici, a partire dalla maniera in cui erano cresciuti e educati i più piccoli. I piccoli samoani, allattati fino a 2 o 3 anni, una volta svezzati venivano affidati alle cure di una bambina della famiglia di sei o sette anni, che aveva il compito di accudirli fino a quando, cresciuta, avrebbe lasciato il compito a un’altra più piccola. Scoprì che le relazioni familiari non erano esclusive come in Occidente: i bambini non vivevano sempre con i genitori ma venivano accolti e accuditi anche da parenti. Parenti di sesso opposto, giunti all’età della ragione, avevano il divieto di abbracciarsi, sedersi vicini o toccarsi. A occuparsi della gestione della cucina erano gli uomini mentre alle donne toccava occuparsi delle colture: ne derivava che i ruoli sessuali differivano fra le diverse società ed erano influenzati da aspetti culturali e non biologici.
Ragazzi e ragazze si interessavano al sesso opposto intorno ai 16-17 anni, ogni ragazzo sceglieva un confidente che lo accompagnava nella fase di corteggiamento fino a quando il padre della ragazza si dichiarava disposto ad accettarlo, allora poteva essere combinato il matrimonio. I rapporti sessuali prima del matrimonio erano accettati, non era contemplato l’amore romantico e nemmeno la monogamia; l’adulterio non provocava sempre la rottura del matrimonio. Si poteva divorziare senza formalità, era sufficiente che uno dei due coniugi tornasse dai genitori.
In breve, la crisi della pubertà, non era causata dallo sviluppo biologico, come gli studiosi occidentali sostenevano, ma bisognava far risalire all’ambiente la causa dei conflitti.
Crescere in un clima flessibile, fare molte esperienze fin da bambine/i non provocava grandi turbamenti. I rapporti sociali, individualizzati in Occidente, diventano in Samoa di gruppo. Non sviluppando l’attaccamento verso un’unica figura di riferimento come accade ai piccoli occidentali, la loro crescita risultava priva delle tensioni e degli strappi con i genitori.
Giunse alla conclusione che i conflitti potevano essere contenuti, se non eliminati, se non si fossero imposte scelte prestabilite a bambini e adolescenti. Educare alla scelta poteva essere la soluzione: solo avendo la possibilità di adottare autonomamente le vie da percorrere, ognuna/o era libero di individuare quella più giusta per sé e per la propria vita.
Insomma, il disagio adolescenziale era appreso e non naturale, originato da aspetti culturali e non biologici.
Margaret Mead fu un’autrice prolifica: scrisse 44 libri e più di 1.000 articoli pubblicati in diverse lingue. Fra i suoi tanti libri è di particolare attualità «Dibattito sulla razza», una lunga conversazione che ebbe, nel 1971, con lo scrittore afroamericano James Baldwin. La problematica sociale, morale e politica americana viene messa a fuoco in modo inquietante e drammatico. Protagonista del dialogo è il dramma razziale e il suo riverbero sulla tormentata coscienza americana; un’eccezionale testimonianza, un dibattito che scava a fondo su problemi che coinvolgono tutte e tutti.
Se non si riesce a spiegare una cosa in maniera così chiara che anche un dodicenne possa capirla, si dovrebbe restare tra le mura chiuse dell’università e del laboratorio fino a quando non si riesce ad avere una migliore padronanza della propria materia.
#unadonnalgiorno