Marcela Lagarde, antropologa messicana, importante studiosa femminista, è considerata la teorica del femminicidio, termine coniato dalla criminologa Diana Russell, nel 1992.
Autrice di un gran numero di articoli e libri su studi di genere, detiene una cattedra all’Universidad Nacional Autónoma de México.
Il suo nome completo è María Marcela Lagarde y de los Ríos ed è nata a Città del Messico nel 1948.
Ha partecipato al movimento del Sessantotto ed è stata militante del Partito Comunista.
Come docente universitaria di sociologia e antropologia, non si è fermata alla mera divulgazione del termine, ma ha sviluppato un concetto nuovo e di più ampio respiro di femminicidio dopo i fatti di Ciudad Juarez, città al confine tra Messico e Stati Uniti dove, dal 1992, più di 4.500 giovani donne sono scomparse e più di 650 stuprate, torturate, poi uccise e abbandonate ai margini del deserto, nel totale disinteresse delle istituzioni, con la complicità di politica, forze dell’ordine corrotte e criminalità organizzata. Indagini insabbiate dalla cultura machista dominante, riflessa anche in un sistema legislativo esplicitamente discriminatorio nei confronti delle donne, attraverso disposizioni contenute nel codice penale dello Stato di Chihuahua che attenuavano o escludevano la responsabilità per determinate forme di violenza commesse in danno delle donne (come, ad esempio, la non punibilità dello stupro commesso in danno della coniuge o compagna).
Con una grande presa di coscienza e unione femminile, Marcela Lagarde è stata eletta al Parlamento, nel 2003.
Come candidata indipendente nella lista del Partito della Rivoluzione Democratica, è stata deputata nel Congresso Federale messicano fino al 2006.
Si è impegnata personalmente per la creazione di appositi organismi istituzionali di indagine dislocati in tutti gli Stati e coordinati a livello federale.
Ha promosso la Commissione speciale per le indagini sui casi di uccisioni di donne a Ciudad Juarez, al Senato e la Commissione speciale sul femminicidio alla Camera, stabilendo accordi di collaborazione con i Governi degli Stati federati, i tribunali, le commissioni indipendenti per i diritti umani, le università, le organizzazioni della società civile, per effettuare indagini in maniera trasparente sulla violenza femminicida e fornire informazioni attendibili alla cittadinanza.
Il sistema creato da Marcela Lagarde è divenuto emblema di un modello responsabile di approccio da parte del Parlamento al problema della violenza maschile sulle donne, che parte dalla volontà di conoscere l’entità e le caratteristiche della vittimizzazione e rilevare i motivi di fallimento del modello legislativo esistente, per una sua efficace e strutturale modificazione.
La Commissione ha rielaborato le informazioni reperite presso varie istituzioni, organizzazioni non governative, istituzioni di statistica, Corte Suprema, organizzazioni civili e media, verificando che l’85 per cento dei femminicidi messicani avveniva in casa per mano di parenti e riguardava donne di ogni sfera sociale.
Ogni Stato del Messico è stato mappato e la comparazione dei dati ha consentito di verificare che il 60 per cento delle vittime di femminicidio aveva già denunciato episodi di violenza o di maltrattamento.
Gli esiti delle indagini condotte sull’esempio del Messico in numerosi altri stati latinoamericani, hanno reso possibile ricostruire nelle sue reali dimensioni la natura strutturale della discriminazione e della violenza di genere e la conseguente responsabilità istituzionale per la mancata rimozione dei fattori culturali, sociali ed economici che la rendono possibile.
Questo ha consentito anche un approccio più consapevole dei legislatori alle riforme normative.
Marcela Lagarde è riuscita a far promuovere l’istituzione del crimine di femminicidio nel Codice Penale Federale e la Legge Generale di Accesso delle Donne a una Vita Libera dalla Violenza, entrata in vigore il 2 febbraio del 2007.
Dirigendo la Commissione Speciale sul Femminicidio nel Congresso ha ampliato il termine alla violenza istituzionale.
Ha dimostrato la negligenza e collusione delle autorità che negavano alle donne e alle loro famiglie l’accesso alla giustizia.
Il fenomeno si insinua nella disuguaglianza strutturale fra donne e uomini che, nella violenza di genere, riproducono un meccanismo di oppressione.
Femminicidio è il termine specifico che definisce gli omicidi contro le donne per motivi legati al genere. Questi tipi di uccisione che colpiscono la donna perché donna non sono incidenti isolati, frutto di perdite improvvise di controllo o di patologie psichiatriche, ma costituiscono l’ultimo atto di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico, fisico o sessuale.
Le discriminazioni di genere, gli stereotipi radicati nel substrato socio-culturale, la divisione di ruoli e l’esistenza di relazioni di potere disuguali tra donne e uomini sono fattori che costringono la donna a permanere in una condizione di subalternità in cui si alimenta il ciclo della violenza che culmina, spesso in femminicidio.
Il problema è strutturale e riguarda tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, che annullano la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisicamente, ma anche nella dimensione psicologica, nella socialità, nella partecipazione alla vita pubblica.