Manuela Sáenz, la libertadora, nacque a Quito nel 1797.
Mentre tutte le ragazze dell’epoca erano educate al matrimonio e alla sottomissione, già a dodici anni si unì a un gruppo di donne rivoluzionarie.
A 17 anni, fu mandata in convento per essere educata, s’innamorò di un uomo e fuggì insieme a lui.
Il padre, successivamente, le impose di sposare un uomo che aveva il doppio della sua età.
La sua vita sociale divennero i raduni rivoluzionari. Partecipò all’indipendenza del Perù e fu nominata Cavaliera dell’Ordine del Sole.
Nel 1822 conobbe Simón Bolívar di cui divenne fedele compagna e amante.
Manuela Sáenz, si trasferì con lui in Perù, gli salvò la vita due volte e per questo fu chiamata la Libertadora del Libertador.
Quando Bolívar morì, fu mandata in esilio in Perù, dove visse per 21 anni in povertà.
Suo marito cercò una nuova riconciliazione e le offrì del denaro, e sebbene nel 1837 avrebbe potuto tornare in Ecuador, decise di permanere in povertà e in esilio.
Il 23 novembre 1856, Manuela Sáenz morì di difterite.
Il suo corpo, i suoi beni e i suoi ricordi furono bruciati. Le sue ceneri gettate in una fossa comune.
Su di lei piombò un lungo silenzio: un secolo e mezzo di menzogna e omertà.