Luciana Viviani è stata una partigiana e politica italiana.
Eletta alla Camera dei Deputati per quattro legislature, dal 1948 al 1968, è stata attivista nel movimento femminile del secondo dopoguerra e figura attiva dell’UDI, Unione Donne Italiane.
Figlia di Maria Di Majo e del commediografo Raffaele Viviani, nacque a Napoli il 2 settembre 1917.
Fu una zia materna a occuparsi di lei e dei suoi fratelli nei primi anni di vita, perché la madre seguiva il marito nella sua attività teatrale. Il periodo vissuto con la “zia Mariuccia” rimase nei suoi ricordi come un’esperienza originale, data l’estrema libertà e “anarchia” che regnava sovrana nei sistemi educativi della donna di cui fornirà un ritratto nel libro “Le viceregine di Napoli”.
Forse questa esperienza a casa della zia contribuì in parte a rafforzare in lei quell’indole ribelle e anticonformista che la caratterizzò fin dall’infanzia. Frequentò, poi, il collegio per fanciulle Regina Coeli, periodo niente affatto felice vissuto in un ambiente che percepiva come ipocrita e bigotto.
Dopo la scuola magistrale, si iscrisse all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, laureandosi in lingue straniere nel 1940, con una tesi dal titolo “La satira di Pope”.
Durante gli anni universitari si iscrisse al Guf, Gruppi Universitari Fascisti e partecipò ai Prelittoriali della cultura con alcuni scritti sull’arte e sulla letteratura.
Seguirà una sua graduale presa di coscienza politica e di critica al regime. Come ricorderà lei stessa, seppure figlia del cantore del mondo “popolare” napoletano, per molti anni era vissuta dentro un’ovattata realtà borghese della quale aveva precocemente avvertito gli angusti limiti morali.
In quegli anni conobbe Riccardo Longone, che sposò, nonostante il parere contrario della famiglia, nel 1941, insieme avranno un figlio, Giuliano. La frequentazione con sua suocera Serafina, avviò il suo apprendistato antifascista.
La giovane coppia visse un periodo difficile, oltre alla guerra in corso, avevano scarsi mezzi di sussistenza, Luciana insegnava in una scuola in provincia e fu in questo periodo che aderì al Partito Comunista Italiano.
Dopo l’armistizio, entrò nelle file della Resistenza a Roma, nelle Brigate Garibaldi, con l’incarico di assistere le famiglie dei caduti e dei prigionieri; successivamente divenne responsabile delle attività femminili e fu tra le organizzatrici delle numerose rivolte e “assalti ai forni” compiuti dalle donne contro il razionamento del pane.
Per le sue attività le verrà riconosciuto il titolo di “Partigiana combattente” con il grado di Sottotenente e la qualifica di Commissario Politico nelle Brigate Garibaldi, con una Croce al merito di guerra.
Ha partecipato alla fondazione del PCI di Napoli nel 1945. Alla fine del conflitto fu impegnata nella Commissione Femminile del PCI, girando l’Italia per organizzare le prime campagne elettorali.
Si occupò soprattutto della propaganda nei rioni popolari di Napoli, riuscendo a conquistare la fiducia di vasti strati della popolazione, soprattutto delle donne.
Quest’intensa attività le consentì, nel 1963, di ottenere il collegio senatoriale di Forcella a discapito del monarchico Achille Lauro.
Nel 1947 venne eletta Consigliera comunale a Napoli e nel 1948 alla Camera dei Deputati, è stata tra le prime donne in Parlamento.
Fino al suo ultimo mandato al governo, nel 1968, operò intensamente soprattutto negli ambiti che riguardano la crescita dei sistemi di assistenza, di tutela della donna, dell’infanzia e della previdenza.
Nel dopoguerra fu tra le fondatrici dell’UDI e del ‘Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli’, con i Treni della felicità organizzò la partenza di migliaia di bambini, sfiniti dalla guerra e dalla fame, che furono ospitati presso famiglie del Centro-Nord per ricevere un temporaneo accudimento e una migliore nutrizione.
Attiva nel lavoro sul territorio, offrì sempre il suo contributo teorico e riflessivo nel dibattito femminile.
La prima battaglia che affrontò, assieme alle compagne di lotta, fu quella per il diritto di voto. Altre sfide furono la parità di salario, il riconoscimento del lavoro rurale, il divieto di licenziamento nei confronti delle donne sposate, la denuncia del caporalato, il sostegno del lavoro a domicilio.
Fece parte della dirigenza dell’UDI sin dal 1949 fornendo un contributo politico e teorico alla crescita dell’associazione, sostenendo sempre la sua autonomia.
Fu una convinta sostenitrice che le battaglie per l’emancipazione della donna, e non la partecipazione subalterna alle lotte della sinistra, dovessero caratterizzare le finalità dell’Associazione.
Negli anni settanta fu tra le promotrici delle battaglie per la maternità, la sessualità e l’aborto, per la conquista dei diritti civili.
Si occupò della tutela delle madri lavoratrici, l’istituzione degli asili nido e dei consultori, la maternità come scelta libera e responsabile.
Fece parte del gruppo che presentò la Carta degli intenti, del 1982, che segnò un forte cesura organizzativa e politica dell’UDI.
In questo periodo si dedicò, assieme a Maria Michetti e Marisa Ombra, all’organizzazione e alla conservazione del patrimonio documentale dell’Archivio storico dell’associazione e alla pubblicazione del volume UDI, laboratorio politico delle donne (1998).
Negli anni novanta pubblicò le memorie Rosso antico. Come lottare per il comunismo senza perdere l’umorismo (1994) e Le viceregine di Napoli (1997).
Nel 2007 ha ricevuto dal presidente Giorgio Napolitano l’Onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine “Al Merito della Repubblica”.
È morta a Roma, l’11 giugno 2012.
Luciana Viviani ha vissuto la sua lunga vita da grande avventuriera, immersa nella contingenza, irridente e tragica.
Ha padroneggiato le intermittenti fasi della sua vita, «con un piede dentro e uno fuori», come ella stessa amava definire.
#unadonnalgiorno