Mi hanno detto che nella musica servivano più afro-discendenti e che non ci sta nessuno che fa le cose che faccio io: mai mi ero vista così, mi consideravo solo una che faceva musica.
Sono un mix vivente di afrobeat, r&b e hip hop, di personalità e di stati d’animo. Io sono parte del cambiamento e non voglio rimanere nascosta.
Lina Simons, rapper italiana di stanza a Londra, fa una musica che è l’incontro delle sue diverse radici, afrobeat, grime, inglese, italiano e napoletano.
Nata nel 1998 col nome di Pasqualina De Simone a Pozzuoli, in provincia di Napoli, da madre nigeriana e padre italiano, è cresciuta prima a Castelvolturno e, dopo i cinque anni, a Cerreto Sannita, un piccolo paese in provincia di Benevento.
Da sempre appassionata di musica, a soli tredici anni, ha registrato il suo primo pezzo Maybe One Day, postato sul suo canale You Tube.
Da adolescente si è fatta conoscere sul web con vlog e video satirici su Facebook in cui parla degli stereotipi che i ‘white italians’ hanno sulle persone afro discendenti. Una forma di terapia, in cui ha scelto di scherzare invece di farsi travolgere da cose dolorose come episodi di razzismo e discriminazione.
Stanca di essere additata perché nera in una provincia asfissiante, dopo il diploma, nel 2018, si è trasferita a Londra, dove si è laureata in Business della musica e imprenditoria, rincorrendo il suo sogno.
Nei testi delle sue canzoni racconta le palazzine in cui è cresciuta e i blocks londinesi. Parla della sua esperienza di ragazza afro discendente, del suo rapporto altalenante con il nostro Paese, da cui è scappata, e offre degli scorci sulle sue origini nigeriane. L’Afrobeat lo ascoltava da bambina con sua madre, era soltanto musica che la riportava con la mente a una delle sue tante case.
Il suo è un multiculturalismo fluido, in cui le radici si fondono spontaneamente e senza forzature, creando di brano in brano, di strofa in strofa, delle configurazioni sempre nuove.
Ha debuttato con l’album P.A.S. che, oltre a a essere il suo diminutivo, è un ritorno all’infanzia, da piccola immaginava di dedicare il primo disco alla sua famiglia e ogni lettera è l’iniziale di un nome, la madre Pat, il padre Angelo e la sorella Sara. L’acronimo è talmente significativo per lei che se lo è anche tatuato sul collo.
Nei suoi testi, in cui incanala la sua rabbia rendendola arte, parla anche di salute mentale, di aspettative, della paura di essere fragili e mettersi a nudo, di dignità, riscatto, rivincita con tanta provocazione e intelligenza.
Nel 2022, in un live incendiario al MiAmi Festival ha cantato Guardami ora, diventato poi il videoclip del brano.
Quando ho iniziato a fare musica, sono stata derisa. Un bel po’. Almeno da quelli che non capivano la mia visione. In Guardami Ora mi sono tolta tanti sassolini dalle scarpe. Sono fiera di quello che ho fatto fino ad ora e Guardami Ora è il pezzo con il quale invito a tutti di continuare a seguire il mio percorso perché non finisce qui.
#unadonnalgiorno