È il 1941, in piena guerra mondiale, l’avanzata delle truppe tedesche in Russia sembra inarrestabile. Marina Raskova, pioniera dell’aviazione e membra del Soviet supremo, dopo ripetute e insistenti richieste ottiene da Stalin il permesso di formare un reggimento di aviatrici. Seleziona mille donne tra pilote, meccaniche e personale logistico, tutte fra i 20 e i 30 anni, tutte volontarie e quasi tutte studentesse. Molte di loro con la volontà di vendicare i familiari uccisi dai nazisti. L’addestramento è molto duro, 14 ore al giorno. Nasce così il 586º reggimento. Lo stato maggiore non convinto della flotta femminile affida loro antiquati biplani in legno e tela che prima della guerra venivano utilizzati per irrorare i campi. Manovrabili ma lentissimi, a bordo non hanno radio, radar, strumenti di puntamento né paracadute. Vengono armati con due bombe a caduta per un peso massimo di 100 chili: si naviga al gelo, con bussola, mappa e cronometro. Eppure in breve queste donne – che volano solo di notte, colpiscono all’improvviso e sfuggono ai ben più veloci aerei della Luftwaffe – diventano l’incubo dei nazisti. Sono loro, terrorizzati, a darle il soprannome: Nachthexen, Streghe della notte. In tutto sono 40 equipaggi, ognuno con due componenti. Ogni notte compiono almeno 10 voli a corto raggio (l’autonomia è limitata), arrivate nei pressi dell’obiettivo spengono i motori dei loro aerei e planano silenziose. Cambiano tattica di continuo: volano a pochi metri dal suolo, oppure arrivano da alta quota scendendo poi in picchiata col motore al minimo per non farsi sentire; spesso in formazione di tre, due fanno da esca per i proiettori da ricerca, la terza piomba sul bersaglio nell’oscurità. Dal 1942 al 1945 queste aviatrici eseguono oltre 23.000 missioni e sganciano 3000 tonnellate di bombe, alcune effettuano più di 1000 raid; 31 di loro muoiono in combattimento. Alla fine della guerra il 588º reggimento è l’unità più decorata dell’Aviazione Sovietica, e le Streghe della notte diventano una leggenda.
Lidija Litvjak è stata una di quelle impavide pilote. L’aviatrice da caccia più famosa di tutti i tempi, colei che è riuscita a mettere a segno più bersagli, dodici vittorie conseguite nel corso di 66 combattimenti contro i tedeschi svoltisi, soprattutto, sopra Stalingrado.
Lidija Vladimirovna Litvjak nasce il 18 agosto 1921, a quindici anni pilota il suo primo aereo.
Nel 1941 chiede insistentemente di essere arruolata, mente sulle ore di volo per essere presa e grazie all’interessamento di Marina Raskova, viene ammessa al corso di addestramento e incorporata al 586° Reggimento Caccia, interamente costituito da personale femminile.
Da subito dà prova della sua destrezza al comando dei velivoli che le vengono affidati.
Viene soprannominata, dalla stampa e dalla propaganda sovietica, Giglio Bianco, per i suoi capelli biondissimi e la carnagione chiara.
Il 586° è un reggimento di difesa aerea il cui compito primario è proteggere importanti obiettivi dall’attacco di bombardieri nemici e scortare aerei di personaggi importanti. Le pilote possono scacciare gli aerei ma non inseguirli o impegnare un combattimento.
Nel 1942, Lidija Litvjak viene trasferita, con Katya Budanova, Maria Kuznetsova e Raisa Beliaeva, in un’unità maschile impegnata nella Battaglia di Stalingrado.
Il 13 settembre 1942 riesce ad abbattere due aerei nella stessa missione, è la prima vittoria aerea conseguita da una donna. Riceve addirittura i complimenti del pilota nemico abbattuto che stenta a credere possibile che dietro quella precisione dei colpi sparati con le mitragliere di bordo e la maestria dimostrata ai comandi, ci sia una donna.
Nasce così uno dei miti della Grande Guerra Patriottica, una di quelle Streghe che diverranno il terrore di tantissimi piloti esperti della Germania.
Le vittorie nei cieli continuano e arrivano i primi riconoscimenti dal comando sovietico. Viene insignita dell’Ordine della Stella Rossa, nominata cacciatrice libera, è autorizzata a volare, in solitaria o in coppia, alla ricerca di velivoli nemici da attaccare, senza dover sottostare agli ordini del reggimento di appartenenza.
Il 22 marzo 1943, Lidija Litvjak ottiene una nuova doppia vittoria nei cieli sopra Rostov, ma viene colpita. Ferita e costretta a un atterraggio d’emergenza, è trasportata in ospedale ma, ancora convalescente, torna di nuovo a librarsi in cielo.
Il 1° agosto 1943 si alza in volo per la sua ultima missione. Insieme a altri velivoli va alla ricerca di un gruppo di bombardieri nei pressi di Orel: non appena li avvista, si dirige contro di loro, per abbatterne il più possibile. A una quota maggiore, però, c’è la caccia tedesca di scorta che fa fuoco contro il suo mezzo che viene abbattuto e di lei non si saprà più nulla.
A soli ventun anni, Lidija Litvjak, Asso dell’Aviazione Sovietica, muore.
Il suo corpo non viene ritrovato, nonostante tante compagne organizzino battute per cercarla. Forse è stata presa prigioniera, o forse si è schiantata. Soltanto molti anni dopo, in una buca, sono stati rinvenuti i resti del corpo di una donna molto minuta che si è ritenuto fosse lei.
Nel maggio 1990, le verrà conferita, per volere di Michail Gorbachev, il titolo di Eroina dell’Unione Sovietica.
Irina Rakobolskaja, una delle poche pilote sopravvissute, raccontava qualche anno fa: “Io e la mia navigatrice Ilenina ci giurammo che a fine guerra ci saremmo incontrate ogni anno il 2 maggio a mezzogiorno al giardino di fronte al Teatro Bolshoi. Così è stato, e a noi due una alla volta si sono unite tutte le altre”.
Quell’appuntamento è diventata una ricorrenza e ogni anno, alla stessa ora, il 2 maggio un gruppo di persone di tutte le età si ritrova per ricordare le Streghe della notte.
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