Lee Miller è stata una modella, fotografa, fotoreporter statunitense.
Una vita incredibile, vissuta con libertà e coraggio, segnata da tante tragedie. Aveva una naturale bellezza angelica che nascondeva un immenso dolore.
Nata a Poughkeepsie, nello Stato di New York, il 23 aprile 1907, suo padre, ingegnere e inventore le insegnò a fotografare e la usava come modella, spesso in maniera morbosa. A sette anni venne violentata, forse da un amico di famiglia che oltre al grave trauma psicologico le procurò gravi problemi di gonorrea.
Trascorse l’adolescenza tra solitudini e sofferenze, fino al trasferimento a New York dove divenne una delle modelle più ricercate e desiderate dai fotografi dell’epoca.
Nel 1928 un suo ritratto a figura intera, scattato da Edward Steichen, venne utilizzato per una pubblicità di assorbenti femminili. Era la prima volta che l’immagine di una donna veniva associata a un prodotto così intimo e la cosa suscitò enorme scandalo.
Si trasferì a Parigi nel 1929, fotografava e faceva la modella per Vogue. Incontrò Man Ray, fotografo e artista del surrealismo di cui divenne allieva, modella, musa e amante. Insieme sperimentarono il processo di solarizzazione della stampa fotografica. Recenti studi hanno svelato che molte fotografie attribuite al famoso fotografo erano in realtà opera di Lee Miller.
Dopo tre anni l’amore finì e la donna tornò a New York dove aprì uno studio tutto suo. Lavorava per varie riviste di moda sia come fotografa che come modella, era una ritrattista di gran successo, immortalò tutti i personaggi più importanti dell’epoca.
Nel 1934 sposò Aziz Eloui Bey, un ricco egiziano e si trasferì a Il Cairo. Fotografava il deserto e le rovine dell’antico Egitto. Sono di questi anni le sue immagini più poetiche e suggestive, abbandonate le sperimentazioni surrealiste, si dedicò al silenzio e alla magia di quegli spazi vuoti e misteriosi.
Durante un viaggio a Parigi nel 1937 conobbe Roland Penrose, poeta e pittore. Iniziano a lavorare insieme in Grecia e Romania e il loro sodalizio divenne anche una relazione d’amore.
Viaggiarono per l’Europa, frequentando personalità come Pablo Picasso, Dora Maar, Paul Eluard, e molti altri. È di questi anni la famosa fotografia PIC NIC, in cui donne a seno nudo sono sedute a un tavolo insieme a uomini completamente vestiti.
Con il suo nuovo amore si stabilì a Londra, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale sconvolse ancora la sua vita. Penrose venne chiamato alle armi e lei per un periodo ritornò a New York, dove divenne fotoreporter di guerra per Vogue. All’epoca una donna che andava a documentare un conflitto era cosa rarissima. Coraggiosa, altruista, non c’era ostacolo che la fermasse; venne anche arrestata per essersi avvicinata troppo al fronte.
In team con David Scherman, fotoreporter di Life, con cui ebbe una storia d’amore, fotografò l’orrore dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald, fu la prima testimonianza dello sterminio perpetrato nei lager, tanto che dovette essere certificata l’autenticità delle foto per la pubblicazione sula rivista. Entrò nelle prigioni della Gestapo per fotografarne i sopravvissuti. Documentò il primo utilizzo del napalm durante l’assedio di Saint-Malo, la liberazione di Parigi, la battaglia dell’Alsazia, l’incontro tra l’esercito statunitense e l’Armata Rossa a Torgau. Sviluppava le pellicole in una camera oscura improvvisata nella propria stanza d’albergo: le sue sono immagini agghiaccianti d’inferno, terrore e morte.
Una foto di Scherman, che la ritraeva nella vasca da bagno dell’appartamento di Hitler a Monaco di Baviera dopo la caduta della città nel 1945, costituì una delle immagini più rappresentative della collaborazione fra i due fotografi.
È morta il 21 luglio 1977 morirà in Inghilterra, nella Farley Farm, la casa comprata col marito nel 1949, meta e punto di riferimento per tanti artisti e artiste.
Suo figlio Antony Penrose ne ha documentato l’opera dall’inizio degli anni ottanta, rendendo accessibili le foto sul sito Lee Miller Archives. Ha trasformato la loro casa in un museo in cui sono esposte le opere delle produzioni dei genitori e i loro pezzi d’arte preferiti, comprendenti lavori di Picasso, Man Ray, Max Ernst e Joan Miró.
Nel 1985 ha pubblicato la prima biografia della madre The Lives of Lee Miller. Da quel momento sono stati scritti su di lei molti libri, le è stato dedicato un musical e tante mostre.