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Leda Rafanelli la zingara anarchica

Leda Rafanelli

Leda Rafanelli è stata un’anarchica italiana, scrittrice, giornalista, artista, editrice e esponente dei futuristi di sinistra soprannominata la “Zingara anarchica“. Suo nonno era figlio illegittimo di uno zingaro arabo e fin da bambina si era sempre sentita straniera in patria, affascinata dall’esotismo, anelante all’Africa e all’Oriente.

Nata il 4 luglio 1880 a Pistoia, già da bambina mostrò una grande attitudine alla scrittura, una sua poesia, Gomene, trovò spazio sull’organo ufficiale di stampa del partito socialista di Filippo Turati.

Nel 1903, si trasferì a Alessandria d’Egitto, dove entrò in contatto col gruppo anarchico della Baracca Rossa, frequentato anche da Giuseppe Ungaretti e Enrico Pea. Collaborò con il periodico egiziano «Il Domani».

Il movimento anarchico italiano in Egitto era uno dei ceppi più antichi e robusti tra quelli della nostra emigrazione all’estero. Le migliaia di lavoratori-formiche che dall’Italia erano andati in Egitto al tempo dello scavo del canale di Suez (1859-1869), erano rimasti nel paese e vi avevano avviato botteghe artigiane o piccoli commerci. Molti erano i toscani. Il primo giornale internazionalista di lingua italiana uscito all’estero fu Il Lavoratore, pubblicato a Alessandria d’Egitto nel 1877, cui seguirono altri fogli socialisti. Leda Rafanelli, in seguito a una disgrazia familiare di cui non amava parlare (forse il padre in carcere), venne condotta a Alessandria d’Egitto presso una famiglia amica. In Egitto ebbe anche occasione di assistere alle persecuzioni contro gli anarchici suoi conterranei, colpevoli secondo la polizia locale di aver progettato un attentato contro il Kaiser germanico Guglielmo II di Hohenzollern in visita da quelle parti (in effetti si trattò di una montatura per giustificare l’imprigionamento e poi l’espulsione di alcuni anarchici europei dall’Egitto).

Rimase affascinata dal sufismo e se ne convertì come ribellione all’egemonia politica e culturale del mondo occidentale.

Al suo rientro in Italia con il marito, l’anarchico Ugo Polli, pubblicherà un articolo in La Libertà, in cui metterà a confronto lo stile di vita cristiano-occidentale con quello islamico.

La coppia fondò la Casa Editrice Rafanelli-Polli. Frequentava gli scrittori italiani più conosciuti dell’epoca (Papini, Prezzolini, Palazzechi) e i rappresentanti del futurismo (Russolo, Boccioni, Marinetti). Si legò sentimentalmente a Carlo Carrà, col quale visse un rapporto breve ma intenso che avvicinò temporaneamente Carrà all’anarchismo.

“Riscuote in pubblico fama di persona piuttosto libera nella condotta morale, anche per i suoi principi di libero amore. Ha intelligenza svegliata e cultura superiore alla media acquistata con la lettura assidua e con l’assimilazione di libri, opuscoli, riviste sociologiche. Ha frequentato appena le scuole elementari”.

Così cominciava, in data 4 agosto 1908, una lunga scheda di Pubblica Sicurezza conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato intestata, per l’appunto, a Leda Rafanelli.

Il suo atteggiamento nei rapporti con i compagni anarchici e di altri partiti si caratterizzò per la sua mancanza di settarismo e per la sua tolleranza.

Nel 1907 fondò insieme a Giuseppe Monnanni la rivista individualista d’idee e d’arte Vir, vicina alle posizioni anarco-futuriste, e poi La Sciarpa Nera. Nel 1910, dalla loro relazione nacque il figlio Marsilio. In questo periodo ha pubblicato anche alcuni romanzi e saggi: Bozzetti socialiSeme nuovoVerso la SiberiaScene della rivoluzione russa.

Nel 1910 ha fondato la Società Editrice Sociale, forse la più importante casa editrice Libertaria italiana, con cui pubblicò diverse riviste.

Da pacifista, entrò in contrasto con i firmatari del Manifesto dei Sedici (1915), che, seppur per breve tempo, appoggiarono l’Intesa con l’intenzione di trasformare la guerra mondiale in rivoluzione sociale. Si attivò per propagare l’antimilitarismo, le tendenze anarco-individualiste più genuine erano, per lei, in antitesi coi dettami democratico-borghesi su cui invece si basavano i guerrafondai.

È questo il periodo in cui Mussolini, all’epoca socialista, sottopose Leda a un serrato corteggiamento. Il rapporto, che è stato soprattutto epistolare, venne trasformato dalla stessa Leda in un libro intitolato Una donna e Mussolini: la corrispondenza amorosa, costituito da quaranta lettere inviatele dal futuro dittatore fascista. Occorre ricordare che nel periodo preso in considerazione (1913-1914), Mussolini era un noto socialista rivoluzionario che aveva partecipato alla settimana rossa appoggiando l’insurrezione con comizi ed articoli. Se Leda negò sempre di esser stata amante di Mussolini, quest’ultimo invece se ne vantava, poiché d’altronde mai avrebbe potuto ammettere di esser stato rifiutato da una donna, visto che parte della sua immagine nazional popolare si fondava sulle sue “indiscusse e indiscutibili” capacità di “maratoneta instancabile” nei rapporti con le “femmine”.

Le analisi politiche e sociali condotte da Leda Rafanelli nei suoi articoli erano acute e originali, tanto da mettere in discussione le rigide categorie di pensiero che, soprattutto in tema di morale, circolavano anche fra gli anarchici e i socialisti. In particolare esse si distinsero per l’attenzione rivolta al punto di vista delle donne rispetto ai vari problemi affrontati: per esempio, pur allineandosi con l’anticlericalismo – mai con l’ateismo – professato generalmente dagli anarchici, ella cercò di approfondire l’analisi delle ragioni che spingevano soprattutto le donne a frequentare la chiesa – e ritenne che non fossero ragioni disprezzabili: derivavano da un lato dalla solitudine in cui venivano lasciate dai mariti, che nel tempo libero dal lavoro si dedicavano preferibilmente al vizio del bere; dall’altro dal bisogno che esse hanno di confronto spirituale, data la loro maggiore ricchezza interiore rispetto agli uomini.

Leda Rafanelli nel 1921 pubblicò Incantamento, ma già nel 1922 il fascismo era in piena ascesa reprimeva ogni forma di pubblicazione che si opponeva al regime, fecero chiudere la «Società Editrice Sociale». Del 1922 sono ancora i lavori di Leda dal titolo Donne e femmine e L’oasi. Questa ultima opera, fiera denuncia contro il colonialismo, venne pubblicata sotto falso nome durante la repressione fascista ai danni della Resistenza libica.

Fu fedele al pensiero anarchico internazionalista e egualitario: come facesse a far convivere entro di sé l’anarchismo, il sufismo e alcune credenze popolari fu una questione sua personale e non politica.

Trovandosi a dover fronteggiare enormi difficoltà economiche iniziò a esercitare il mestiere di chiromante tra Milano e Genova. Nel contempo scrisse ancora NadaLa signora mia nonnaLe memorie di una chiromante, romanzi che parzialmente si rifanno all’atmosfera orientale della sua gioventù.

Verso la fine della sua vita, dava lezioni di arabo e collaborò a «Umanità Nova». Finita la convivenza con Monanni, a cui seguì la morte del figlio, Leda Rafanelli morì a Genova il 13 settembre del 1971.

Durante il fascismo si nascose, ma in seguito, venne trovata, tra la sua documentazione, una nota scritta di suo pugno sulla prima pagina del suo opuscolo, Abbasso la guerra! (1915): «Opuscolo letto e approvato, in tutto, dal mio amico d’allora BM che divenne poi guerrista e poi fascista, capo del governo per 25 anni e poi ucciso dai gloriosi partigiani». Questa breve nota dimostra la considerazione che aveva del “duce” e, nonostante la sua vita complicatissima, anche a causa del suo carattere particolare, antifascista era e antifascista rimase sino alla sua morte.

Leda Rafanelli ha combattuto tutta la vita per l’affermazione della figura femminile all’interno della società, predicandone l’emancipazione. Riuscì a essere contemporaneamente amica di anarchici, rivoluzionari, futuristi e fascisti. Come potesse riuscirsi è un mistero che si è portata nella tomba.

#unadonnalgiorno

 

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