Ciao “fratello” razzista,
vuoi sapere perché i migranti non vogliono essere riportati in Libia?
Ti risponderò con delle domande.
Ti è mai capitato di violentare tua madre perché qualcuno ha il fucile puntato contro di te e contro di lei?
Ti è mai capitato di violentare tua sorella e di vedere nascere tuo figlio dalla pancia di tua sorella?
Sai quanti figli di scafisti abbiamo in Europa?
Cioè, sai quante donne hanno partorito al loro arrivo dei bambini non voluti?
Sai cosa significa mangiare un pezzo di pane in 24 ore e vedere un pezzo di formaggino come fosse oro?
Ti è mai capitato di fare i tuoi bisogni dentro un secchio e davanti agli occhi di centinaia di persone?
Ti è mai capitato di avere le mestruazioni e non poterti lavare per settimane o mesi?
Ti è mai capitato di essere messo all’asta e venduto come uno schiavo nel 2019?
Ti è mai capitato di nutrire tuo figlio con tè zuccherato e spacciarlo per latte?
Ti è mai capitato di essere picchiato a sangue perché chiedi l’intervento di un medico?
Ti è mai capitato d’essere fucilato per colpa di uno sguardo di troppo?
Ti è mai capitato di svegliarti con le urine versate in faccia?
Ti è capitato che qualcuno ti aprisse il corpo con un coltello e mettesse subito dopo del sale per sentire maggiormente le tue urla?
Per tutti questi motivi, caro razzista ti posso classificare tra i criminali che hanno accettato un secondo Olocausto.
Nawal Soufi, l’angelo dei profughi è un’attivista catanese nata in Marocco nel 1988 e venuta in Italia quando aveva un mese di vita. Ha salvato decine di migliaia di persone dalla morte per annegamento. Il suo nome in arabo significa dono.
Aveva quattordici anni quando ha iniziato a aiutare e assistere gli immigrati marocchini e i senzatetto italiani. Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, ha lavorato come interprete nei tribunali e in carcere.
Nel 2012 si è recata per la prima volta in Siria guidando un convoglio umanitario che ha aiutato circa 800 famiglie offrendo il suo aiuto a coloro che cercavano di rifugiarsi in Italia.
Da anni batte i fronti più caldi delle rotte migratorie, facendo quello che può, testimoniando abusi e dando una mano con aiuti concreti, cibo, vestiti, corse in ospedale. È stata anche in Albania, Kosovo, Serbia, Bosnia.
È stata proclamata Cittadina Europea dell’anno 2016 dalla UE e ha vinto il premio Arab hope maker nel 2017 come la persona che più di ogni altra ha inciso a livello positivo per migliorare le condizioni di vita di chi deve scappare da guerre, terrorismi e persecuzioni.
Una donna inarrestabile che non ha timore a dare il suo contributo per un mondo migliore e più equo.
#unadonnalgiorno