Nell’aprile del 1944 le truppe di occupazione naziste avevano sottratto alla popolazione il pane e la farina per destinarli ai soldati tedeschi.
Alcune donne, nel tentativo di procurare cibo alle loro famiglie, assalirono il Forno Tesei su via del Porto Fluviale a Roma.
Dieci tra queste donne furono catturate e uccise il 7 aprile del 1944.
Le donne trucidate dai nazisti, solo perché avevano fame, si chiamavano Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Assunta Maria Izzi, Silvia Loggreolo, Esperia Pellegrini, Concetta Piazza e Arialda Pistolesi.
La partigiana Carla Capponi ha così raccontato quella giornata:
Le donne dei quartieri Ostiense, Portuense e Garbatella avevano scoperto che il forno panificava pane bianco e aveva grossi depositi di farina.
Decisero di assaltare il deposito che apparentemente non sembrava presidiato dalle truppe tedesche.
Il direttore del forno, forse d’accordo con quelle disperate o per evitare danni ai macchinari, lasciò che entrassero e si impossessassero di piccoli quantitativi di pane e farina.
Qualcuno invece chiamò la polizia tedesca, e molti soldati della Wehrmacht giunsero quando le donne erano ancora sul posto con il loro bottino di pane e farina.
Alla vista dei soldati nazisti cercarono di fuggire, ma quelli bloccarono il ponte mentre altri si disposero sulla strada: strette tra i due blocchi, le donne si videro senza scampo e qualcuna fuggì lungo il fiume scendendo sull’argine, mentre altre lasciarono cadere a terra il loro bottino e si arresero urlando e implorando.
Ne catturarono dieci, le disposero contro la ringhiera del ponte, il viso rivolto al fiume sotto di loro.
Si era fatto silenzio, si udivano solo gli ordini secchi del caporale che preparava l’eccidio.
Qualcuna pregava, ma non osavano voltarsi a guardare gli aguzzini, che le tennero in attesa fino a quando non riuscirono ad allontanare le altre e a far chiudere le finestre di una casetta costruita al limite del ponte.
Alcuni tedeschi si posero dietro le donne, poi le abbatterono con mossa repentina “come si ammazzano le bestie al macello”. Così mi avrebbe detto una compagna della Garbatella tanti anni dopo, quando volli che una lapide le ricordasse sul luogo del loro martirio.
Le dieci donne furono lasciate a terra tra le pagnotte abbandonate e la farina intrisa di sangue.
Il ponte fu presidiato per tutto il giorno, impedendo che i cadaveri venissero rimossi; durante la notte furono trasportati all’obitorio dove avvenne la triste cerimonia del riconoscimento da parte dei parenti.
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