Tutte e tutti conoscono la storia di Soraya di Persia, la principessa triste, ma quasi nessuno conosce quella della regina Soraya dell’Afghanistan, sovrana illuminata e una delle prime femministe al mondo.
L’Afghanistan è notoriamente, allo stato attuale, uno dei posti peggiori al mondo in cui le donne possano vivere, ma non è stato sempre così.
Infatti, quasi seppellita nella storia afghana c’è una donna, Soraya Tarzi che merita di essere ricordata come una delle prime femministe al mondo.
Soraya Tarzi era nata in esilio in Siria nel 1899, fu educata da suo padre Mahmud Tarzi, intellettuale, poeta, filosofo, politico e funzionario dell’Impero ottomano.
Erano membri della tribù Barakzai, la stessa a cui appartenevano i re dell’Afghanistan.
Quando l’emiro Habibullah invitò i membri dell’intellighenzia afghana esiliata da suo padre a tornare nel paese, Tarzi tornò a Kabul con la sua famiglia.
Fu ammesso alla Corte Reale come consigliere, fondò un giornale radicale che sosteneva la modernizzazione, sulla falsariga di quello che stava accadendo in Turchia sotto Kemal Ataturk e in Persia, sotto lo Shah Reza.
Soraya sviluppò un’affinità con il figlio dell’emiro, Amanullah, i due si sposarono nel 1913 e nel 1919, quando questi ascese al trono, divenne regina.
Soraya era una regina incontrastata, suo marito non prese mai altre mogli, come da consuetudine musulmana, aveva un ruolo attivo nelle discussioni giudiziarie e fu nominata ministra dell’istruzione.
La sovrana ricevette una laurea ad honorem dall’Università di Oxford per il lavoro svolto sull’educazione.
Sotto la sua direzione fu aperta la prima scuola femminile in Afghanistan, con istruzione secolare non religiosa. Oggi conosciuta come Liceo Malalai, riaperto nel 2003 che continua ancora a formare le ragazze di Kabul.
Soraya influenzò le scelte politiche del marito facendogli varare leggi che vietavano i matrimoni tra minori, conferiva alle donne il diritto di scegliere i loro mariti, rendeva obbligatoria l’istruzione per tutti i bambini (maschi e femmine) e imponeva tasse per scoraggiare la poligamia.
La regina Soraya fondò anche un’organizzazione, guidata dalla sorella di Amanullah, per difendere i diritti delle donne e fornire un luogo in cui queste potessero lamentarsi di maltrattamenti o abusi.
Con un gesto eclatante, nel 1928, durante un discorso del marito in cui scoraggiava la pratica delle donne che indossavano hijab, niqab o burkha, Soraya rimosse pubblicamente il suo velo e fece un discorso ai capi tribali e religiosi che la ascoltavano stupiti.
Il suo esempio cambiò lo scenario della società afghana nella capitale, anche se la sua influenza nelle campagne era molto più limitata.
Quando una rivolta minacciò di deporre l’emiro, nel 1929, una delle richieste dei ribelli fu quella di divorziare da Soraya e mandarla in esilio.
Invece la coppia fuggì insieme dal paese, rifugiandosi prima in India e poi in Italia, dove hanno vissuto fino alla morte, nel 1968.
I loro corpi sono stati restituiti all’Afghanistan e sepolti fianco a fianco in un mausoleo reale a Jalalabad.
Sebbene relativamente sconosciuta al di fuori dell’Afghanistan, Soraya è un’eroina per le donne del paese per tutte le cose che riuscì a realizzare.
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