Kim Bok-dong è stata la donna simbolo delle comfort women, le schiave sessuali cinesi e coreane della seconda guerra mondiale, che lottano per essere riconosciute come vittime dell’esercito giapponese.
Kim Bok-dong era nata il 24 aprile 1926 in Corea del Sud. La sua famiglia era caduta in rovina con la morte del padre e lei aveva dovuto lasciare presto la scuola. Le era stato imposto di mettersi al servizio di una fabbrica militare per tre anni, pena l’accusa di tradimento se la famiglia non avesse acconsentito. Fecero firmare forzatamente un documento a sua madre, che non sapeva leggere. Aveva 14 anni quando fu trascinata via da casa per fare da schiava sessuale, tra il 1940 e il 1945, ai soldati in Cina, Indonesia, Singapore, Hong Kong e Malesia. Costretta a fare sesso tutto il giorno in tutti i giorni, provò a suicidarsi, come altre giovani, ma la salvarono a furia di lavande gastriche che la mutilarono a vita. Tornata a casa, sette anni dopo, raccontò l’orrore vissuto soltanto a sua madre, che poco dopo morì per un attacco di cuore. Provò a vivere una vita ‘normale’, si sposò ma non riuscì ad avere figli a causa del suo apparato riproduttivo rimasto leso inesorabilmente. Trovò il coraggio di confessare ciò che aveva vissuto soltanto dopo la morte del marito.
All’inizio degli anni Novanta, fu una delle prime a testimoniare e raccontare le orribili esperienze vissute in tempo di guerra, in pubblico e in conferenze sui diritti umani in mezzo mondo.
Fervente femminista e attivista per i diritti umani, ha combattuto ardentemente contro le violenze sessuali, l’imperialismo e i diritti di lavoratori e lavoratrici.
Kim Bok-dong, leader e portavoce delle donne conforto, ha anche fondato il Butterfly Fund per sostenere e aiutare le donne vittime di violenza in ogni parte del pianeta. La farfalla è simbolica dell’uscita dal bozzolo a una vita più leggera perché costituita di verità e lotta per la dignità umana. Il fondo ha aiutato delle donne in Congo che, a loro volta, hanno creato dei centri antiviolenza e anche donne vietnamite che avevano subito lo stesso destino durante la guerra.
Con le sue lotta ha ottenuto dal governo giapponese le scuse formali, la correzione della storia nei libri scolastici per raccontare la verità sulle schiave e costrette a servigi sessuali non consenzienti.
Ha istituito l’appuntamento settimanale di protesta del mercoledì davanti all’ambasciata giapponese di Seoul, appuntamento al quale non è mai mancata in trenta anni. A poco a poco, tante donne rese schiave come lei hanno avuto il coraggio di parlare e si sono unite alle proteste e rivendicazioni.
Dal 1992 ha vissuto nella Casa della Condivisione, dove ha partecipato a un programma di arte terapia e da allora non ha mai smesso di dipingere, per raccontare, per liberarsi. le sue opere sono state incluse in varie campagne di sensibilizzazione e educazione.
Si è spenta il 28 gennaio a 92 anni a Seoul.
Donne conforto, è un eufemismo usato per definire le oltre 200 mila ragazze che, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono forzate a servire come schiave sessuali dei militari giapponesi.
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