“C’è questa convinzione per cui quando un uomo dice la verità, quella è la verità. E quando, come donna, dico la verità, sento di dover sempre negoziare il modo in cui verrò percepita. Come se ci fosse sempre un sospetto, riguardo alla verità di una donna. L’idea che si stia esagerando.”
Kathleen Hanna, cantautrice e attivista femminista punk è stata l’esponente principale del movimento Riot Grrrl che, negli anni ’90 rivendicava spazio e rispetto per le donne.
Nata a Portland, in Oregon, il 2 novembre 1968, è stata introdotta al femminismo sin da piccola da sua madre che la portava agli incontri con Gloria Steinem e le fece leggere Simone de Beauvoir e la La mistica della femminilità di Betty Friedan.
Nei primi anni novanta, mentre era all’università, ha fondato la band Bikini Kill, studiava fotografia, frequentava il mondo dell’arte e, per mantenersi, lavorava come spogliarellista. Nel mentre faceva volontariato presso un centro antiviolenza. La sua rabbia scaturiva da abusi psicologici subiti in famiglia, ma anche dalla constatazione che la realtà che la circondava era imbevuta di cultura patriarcale e maschilismo fino al midollo.
Sin da subito, si è fatta portavoce di un femminismo punk che si ritrova nei testi delle canzoni, la più celebre è Rebel Girl. Con il mantra Girls to the Front!, era solita, durante i suoi concerti, incitare il pubblico femminile a andare sotto al palco a ballare e, metaforicamente, a riprendersi il mondo.
Le Bikini Kill scelsero il linguaggio punk fondendolo con il loro attivismo femminista.
L’artista, che ha scritto quasi tutti i testi che parlavano di violenza, stupri, diritto all’aborto, era solita esibirsi in lingerie e scriversi sulla pancia li turpi epiteti con cui veniva additata. Un segno di denuncia e insieme un urlo sfacciato per riprendersi una libertà tanto estetica quanto linguistica, a discapito di ogni tipo di etichetta.
La scena punk degli anni Novanta era molto sessista e il gruppo contribuì in maniera sostanziale a rivoluzionarla.
A lei si deve il titolo della celebre canzone dei Nirvana, Smells Like Teen Spirit. Molto amica di Kurt Cobain, dopo una giornata delirante passata insieme, gli aveva scritto sulla parete della camera la frase “Kurt Smells Like Teen Spirit” che era il nome di un deodorante per ragazze.
Nel 1991, ha anche fondato il movimento delle Riot Grrrl, considerato l’espressione politica più importante della terza ondata femminista. Il loro manifesto, che portava la sua firma, pietra miliare del femminismo dei tempi, venne pubblicato sulla fanzine Bikini Kill che aveva dato anche il nome alla sua band.
Siamo state divise dalle nostre stesse etichette e dai nostri modi apparentemente diversi di vedere il mondo, ma adesso è giunta l’ora di supportarci l’una con l’altra e accettarci in quanto ragazze.
Quando il gruppo si è sciolto, ha pubblicato un album da solista con lo pseudonimo di Julie Ruin.
Nel 2000 ha fondato una nuova band, Le Tigre con un particolare stile musicale tra il punk e il suono elettronico più dance.
Nel 2006 è stata co-autrice del documentario Don’t Need You: the Herstory of Riot Grrrl che racconta, dalle origini, la storia del movimento nella scena musicale indipendente americana degli anni ’90 e di come si sia evoluto in una rivoluzionaria rete underground di educazione e consapevolezza di sé. Il film presenta interviste individuali intervallate da materiali d’archivio rari, tra cui fanzine, volantini e fotografie dell’epoca, oltre a inediti filmati delle band che vi hanno preso parte.
Nel 2007, Kathleen Hanna ha tenuto lezioni d’arte all’Università di New York.
Nel 2010, ha visto la luce il suo terzo progetto musicale The Julie Ruin. Il nome deriva dall’idea che le rovine di una ragazza, un’ipotetica Julie, possano ricostruirsi e trasformarsi in poesia.
Nel 2013, la regista Sini Anderson ha realizzato il documentario The Punk Singer che racconta l’attività di Kathleen Hanna dalle Bikini Kill a The Julie Ruin. Vi si racconta della decisione di cessare l’attività delle Le Tigre nel 2005 a causa della malattia di Lyme, da cui è guarita totalmente solo nel 2015.
Oggi quando parlo lo faccio per me stessa e non per tutte le donne. Posso affrontare tematiche che spaziano dal maschilismo al classismo, dal sessismo all’omofobia, ma ho capito che il mio è e sarà sempre il punto di vista di una donna bianca americana e che per comprendere davvero la realtà deve tenere conto dei punti di vista che altre donne possono abbracciare. Si tratta di essere intersezionali, di non generalizzare, di non pensare che la propria prospettiva sia quella di tutte, per questo leggo e m’informo il più possibile sulle esperienze altrui.
Kathleen Hanna non ha mai smesso di farsi domande, indagare, il suo femminismo non si è cristallizzato ma è in continua evoluzione e ricerca. Ha, recentemente, creato la linea di t-shirt, Tees 4 Togo, il cui ricavato va interamente in beneficenza a un’associazione che si occupa di scolarizzazione delle ragazze in Africa.
#unadonnalgiorno