Julia Bornefeld ha portato nella scultura il dibattito femminista. Artista dell’indefinito e dell’indeterminazione, è maestra nel sintetizzare e far coesistere la razionalità e il peso della materia con l’irrazionalità e la leggerezza del pensiero.
L’impeto e le forme delle sue opere partono sempre da forme e oggetti comuni – piume, uova, valigie, ombrelli, uccelli – per raccontare qualcosa al di là di ciò che si vede. Non progetta mai i suoi lavori, ma vive di fulminee intuizioni in grado di raccontare l’universo, richiamando forme universali e immagini archetipali.
“Il nostro vivere è un inarrestabile viaggio senza alcuna meta prestabilita. L’unica cosa che possiamo fare è imparare a viaggiare con valigie leggere come piume e con un ombrello che ci protegga permettendoci di continuare a camminare”.
Julia Bornefeld è nata nel 1963 a Kiel in Germania, vive e lavora tra Brunico e Berlino. Ha studiato pittura all’accademia Fachhochschule für Gestaltung di Kiel e ha frequentato come studentessa ospite l’Accademia delle Belle Arti di Venezia e l’Akademija Likovna Umjetnost di Lubiana. Le sue opere hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. Ha tenuto mostre in varie gallerie e musei internazionali, e le sue opere fanno parte di collezioni di importanti istituzioni quali il Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, la galleria civica Stadtgalerie Kiel, il Museion di Bolzano, il Lentos Art Museum di Linz, la Galleria d’arte della Nuova Scozia e altri.
Da oltre trent’anni lavora e vive in Italia. La particolarità della sua poetica risiede anzitutto nella capacità di abbracciare e fondere tecniche artistiche differenti (pittura, fotografia, video, danza, musica) con esiti che si avvicinano a tutti gli effetti a quelli delle arti performative, dove azione e spazio divengono essi stessi fulcro imprescindibile dell’opera.
Primaria importanza nella creazione delle sue installazioni riveste spesso anche l’elemento luministico, come nel caso di “Copper Matrix” (2018) concepita per il foyer del Museion di Bolzano, costituita interamente da monete da un centesimo connesse fra loro a formare un immenso lampadario spiraleggiante sospeso al soffitto del museo.
Ma la costante più evidente, quel fil rouge che percorre nella sua interezza il suo catalogo artistico, tracciando una linea espressiva riconoscibile e ben definita, risiede nella voluta messa in scena di contrasti materico-formali (grande-piccolo; luce-ombra: bianco-nero; pesante-leggero). Tali dualità, alla stregua di pulsioni opposte e apparentemente antitetiche entrano in dialogo tra loro, originando risultati inediti densi di stratificazioni semantiche profonde, correlate quasi sempre a un contenuto esistenziale.
La percezione fisica dell’opera risulta spesso enfatizzata da ampi formati, che sorprendono l’osservatore e si impongono nello spazio alla stregua di veri e propri monumenti.
I contrasti formali e materici corrispondono metaforicamente a emozioni contrastanti – talora delicate, talora impetuose – che il suo iter creativo mira ad armonizzare.
Riferimenti biografici e mitologici sono spesso legati da Julia Bornefeld ai temi del dibattito femminista degli anni Sessanta e Settanta del novecento.
Elemento fondamentale per una corretta lettura e comprensione delle sue opere costituisce anche l’apertura e la compartecipazione da parte di chi osserva. Opere così cariche di significati presuppongono che chi vi si accosta sia in grado di guardare in profondità – al di là della pura materia– per scoprire il contenuto da essa veicolato. Solo in questo modo chi ne fruisce riesce a carpire le tensioni emotive che determinano l’opera e a rispecchiarsi in essa, lasciando che la propria individualità vi riconosca un riflesso del proprio vissuto esistenziale.
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