Ise Frank Gropius è stata una scrittrice e editrice tedesca considerata l’anima del movimento Bauhaus. Come da prassi nessuno o quasi menziona questa donna di grande cultura e di idee all’avanguardia, riducendola al ruolo di moglie di un grande maestro.
Ise Frank nacque il 1° marzo 1897 a Wiesbaden, in una famiglia ebrea appartenente all’alta borghesia, trasferitasi a Monaco, lavorò in una libreria prestigiosa e scriveva recensioni per la rivista della casa editrice.
La Germania in quel momento storico era sotto macerie in tutti i sensi. Era stato abbattuto l’Impero Austro-Ungarico, dopo secoli di supremazia su tutta l’Europa. Nacque la Repubblica di Weimar, cosa assolutamente impensabile fino a qualche mese prima in una nazione governata da sempre da un imperatore. Sotto queste macerie l’architetto Walter Adolph Gropius ( 1883-1969) cercò di progettare una ricostruzione con l’intenzione di formare nuove leve di ricostruttori/artisti in tutti i campi. Da questo pensiero nacque, nel 1919 e durò sino al 1933, la Bauhaus.
Ise Frank aveva 26 anni, era il il 28 maggio del 1923, quando una sua amica la condusse, riluttante, alla conferenza di un architetto al Politecnico di Hannover, questi era Walter Gropius.
Questo professore senza laurea era inventore di una «nuova architettura», i cui principi si mettevano in pratica, in una scuola di Arte e sperimentazione a Weimar, di cui era direttore, e dove insegnavano Paul Klee, Vasilij Kandinskij e altri, che sposavano la sua idea di far risorgere l’Arte.
Walter Gropius voleva rinnovare tutto, a partire da una scuola nuova, la sua Bauhaus (Case da costruire), basata tra la collaborazione tra maestri e allievi. Fondò l’etica di un’architettura che era «scienza, mestiere e arte al servizio della società». Fu il primo direttore che ammise le donne agli studi di architettura.
Ise Frank, con argilla, vetro, arte per il popolo, tecnologie innovative e gilde di artigiani c’entrava pochissimo; eppure quell’uomo, con i suoi «occhi da volpe» e la fama di donnaiolo (si era già separato da due mogli, una delle quali era Alma Mahler) riuscì a farle rivoluzionare la sua esistenza da un giorno all’altro, per dedicarsi con ogni energia e tutto il suo talento alla causa del Bauhaus, o meglio, a quell’idea che era ancora in divenire, ma che, grazie anche al suo impegno, si sarebbe tramutata in realtà. Case vere. Oggetti di design. Vetri speciali per costruire edifici trasparenti.
Ise Frank e Walter Gropius si sposarono a Weimar il 16 ottobre dello stesso anno; Wassily Kandinsky e Paul Klee furono i loro testimoni di nozze.
I due formarono uno dei sodalizi più intensi della storia delle idee del ’900.
Sposando Gropius, sposò anche il progetto del Bauhaus. Non c’è un articolo, una conferenza, un commentario del marito che non abbia redatto lei stessa.
I suoi saggi consigli venivano sempre accettati dal Meisterrat, il consiglio del Bauhaus. Rispettava le affinità elettive di artisti e innovatori, stimolando la nuova generazione, soprattutto le donne e i membri delle minoranze etniche e religiose.
In soli cinque anni, tra il 1923 e 1928, determinò la filosofia didattica e compositiva del movimento.
La Bauhaus non si occupava solo di architettura, gli allievi e le allieve apprendevano sia le tecniche artistiche principali, pittura, scultura, incisione, grafica, sia i metodi di lavorazione dei materiali. Alla fine del corso erano dotati/e di una preparazione sia teorica che pratica.
La vita dei due trascorse tra sperimentazioni incredibili, eccessi da Guru, soldi che mancavano sempre, tradimenti. Ma Ise Frank era una donna dura che sognava la “casa per una donna emancipata”.
Bauhaus cominciò a dare fastidio al nuovo regime. Da Weimar, dove era stata fondata, si spostò a Dessau dal 1925 al 1932, poi a Berlino dal 1932 al 1933,
In tutti questi anni è Ise Frank si occupò della contabilità della casa, della scuola e di qualsiasi progetto. A Dessau esiste ancora il quartiere Bauhaus. Su questo quartiere ella scrisse: “Comporre secondo i processi della vita”.
Fece anche realizzare un film documentario sulla casa che avevano progettato a Dessau, nel 1927, Das neue Haus.
Nella casa del Direttore, la coppia riceveva presidi di scuola, critici e giornalisti, protagonisti interdisciplinari dell’avanguardia che arrivavano da lontano per promuovere la «casa della donna emancipata moderna» nei loro propri paesi – editori come Victoria Ocampo, fotografi come Man Ray, musicisti come Cole Porter o designer come Jean-Michel Frank.
La casa «emancipata» era un luogo libero, flessibile, un luogo di lavoro, di riflessione, di comunicazione, di svago. Non più lo spazio borghese di rappresentazione per uno status symbol. Si poteva adattare a tante funzioni diverse, perché la donna moderna si immaginava lavoratrice allo stesso livello – e con gli stessi diritti a servizi, riposo e comunicazione – dell’uomo. La sua idea era quella di offrire alla donna «una vita più leggera, scevra dalle monotone fatiche quotidiane» grazie al disegno intelligente degli interni: distanze corte, «il risparmio di gesti e movimenti» così come attrezzature rivoluzionarie adottate dai processi industriali». La donna emancipata poteva investire il suo tempo nello sviluppo delle proprie facoltà, interessi, professionalità. Ise Frank ha cercato di tramandare l’eredità delle linee di ricerca e battaglia del Bauhaus, per stimolare uno sviluppo democratico universale.
L’insieme dei protagonisti, che in quello scarso decennio lottarono con lui per intendere il mestiere dell’architetto come atto collettivo, non uno star system individuale, finì in gran parte disperso. Alcuni membri e allievi morirono nei campi di concentramento; altri, come Bruno Taut, furono vinti dall’esaurimento nervoso causato dalla persecuzione nazista. In quei pochi anni, però, si era creato un movimento che sopravvive nell’architettura sostenibile, partecipativa dei nostri giorni. Bauhaus delineava la «città ecologica» (riassunta nel Ciam del 1932 di Zurigo) che, dopo l’impressionante migrazione dalle campagne ai centri urbani dell’epoca, mirava a uno sviluppo urbano rispettoso dell’ambiente e delle sue risorse.
Si sperimentava la pedagogia interdisciplinare: nessun maestro del Bauhaus era architetto, ma artista, scrittore, artigiano, regista, cineasta. Si credeva nell’emancipazione sociale di tutti.
Già alla fine del 1927, Ise Frank si rese conto che la situazione politica a Weimar non si sarebbe più rischiarata, né per la scuola del Bauhaus, né per i professori e studenti, disprezzati dall’ascendente apparato politico nazista. Insieme alla sua amica, la fotografa Irene Hecht, ebrea come lei, escogitò un piano di fuga. Rimanere in Germania non era un’opzione percorribile per quel «branco di comunisti e ebrei». Era tempo per il «metodo Bauhaus» di emigrare altrove, nei paesi liberali europei e oltreoceano. La loro scelta cadde su Francia, Turchia, e successivamente, sull’America. Luoghi che ospiteranno, dal 1928, le prime mostre sull’idea Bauhaus e diventeranno le mete dell’esilio dei suoi protagonisti, declassati a «nemici del Reich». Senza Ise Frank, la memoria del Bauhaus, negli anni tumultuosi della guerra, sarebbe andata dispersa.
Con l’avvento di Hitler, fuggirono dalla Germania e si trasferirono negli Stati Uniti.
Al MoMa di New York Ise Frank curò la mostra antologica “Bauhause 1919-1928” con Walter Gropius e Herbert Bayer. Era la fine del 1938 e fu definita “la più straordinaria mostra mai vista finora”.
Dopo New York si trasferirono nella più colta Boston, dove continuarono a lavorare e a comunicare le loro idee moderne e funzionali.
Quando Ise Frank arrivò nella tradizionalissima scuola di Harvard, scoprì che i suoi testi progressisti non erano graditi. L’America «liberale», salvifica per due naufraghi politici, era lontana dall’accettare quella «donna moderna» per la quale lei si batteva da anni. La sua carriera di scrittrice ebbe breve durata e si interruppe bruscamente quando scrisse un articolo intitolato “La nonna era una ragazza in carriera” all’Atlantic Monthly. Ricevette una nota di rifiuto in cui si spiegava che la rivista non desiderava sostenere o addirittura promuovere la “terribile idea” delle donne lavoratrici di cui ella discuteva nell’articolo.
Ise Frank accantonò allora la sua carriera personale dando la priorità all’idea Bauhaus e scrisse con il nome del marito per il resto della sua vita.
Fu solo nel volume del catalogo “Bauhaus 1919-1928”, per la mostra al MoMa, che fu nominata per la prima volta come autrice e editrice insieme a Walter Gropius e Herbert Bayer, ottenendo un riconoscimento pubblico per il suo lavoro.
Ise Frank Gropius morì il 9 giugno 1983 a Lexington, nel Massachussett.
Recentemente Jana Revedin, dopo meticolosi studi e incontri dal vivo, ha deciso di renderle omaggio scrivendo la biografia/romanzo La signora Bauhaus.
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