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Sara García Gross e i diritti delle donne in El Salvador

Sara García Gross attivista di El Salvador

Sara García Gross è un’attivista di El Salvador che si batte per il diritto delle donne di disporre del proprio corpo.

Fa parte del Salvadoran Network of Women Human Rights Defenders.

Psicologa femminista è la coordinatrice del Citizen Group for the Depenalization of Therapeutic, Ethical, and Eugenic Abortion, organizzazione multidisciplinare che sostiene la modifica della legislazione salvadoregna sull’aborto. Promuove l’educazione sessuale e difende le donne accusate o condannate per aborto o questioni correlate. È riuscita a portare numerosi casi davanti alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.

El Salvador è uno dei paesi dell’America Latina che vietano l’aborto per costituzione.

Sara García Gross  è nata a Chalchuapa nel 1986, da bambina ha vissuto la guerra civile salvadoregna. Laureata in psicologia presso la Central American University, si è specializzata in Studi di Genere in Messico. Nel 2019 si è trasferita a Buenos Aires dove ha conseguito un Master in Diritti umani e Democratizzazione per l’America Latina e i Caraibi

Ha condotto il programma radiofonico “Del Hospital a la Cárcel”, che tratta di questioni legate ai diritti sessuali e riproduttivi delle donne.

Nel gennaio 2019, l’Università Diderot di Parigi le ha conferito il Premio Simone de Beauvoir per la libertà delle donne. Per i suoi sforzi volti a depenalizzare l’aborto in caso di stupro, tratta di esseri umani, quando la vita della madre è in pericolo o quando è minorenne. 

Ci occupiamo di casi di donne che sono state arrestate dopo aver avuto emergenze ostetriche, aborti spontanei, parti prematuri non assistiti. O ancora storie di ragazze che hanno dovuto partorire nei bagni o nelle fosse. Storie che non riguardano tutte le donne di El Salvador, ma soprattutto quelle che appartengono alle classi più povere. Quelle che devono per forza far riferimento al sistema sanitario pubblico che finisce per denunciarle invece di aiutarle e assisterle.

In El Salvador, come in altri Paesi del mondo, la donna accusata di aborto (o di nascite extra ospedaliere) finisce in carcere. Le viene negata la presunzione di innocenza ed è direttamente condannata con la presunzione di colpevolezza.

Il Ministero della Salute ha attuato una politica per fornire contraccettivi alle donne, ma, soprattutto nei riguardi delle giovani, viene fatta molta ostruzione. La pillola del giorno dopo è consentita solo in caso di stupro.  

Il nostro movimento ha identificato una serie di violazioni dei diritti, in molti casi la donna viene dichiarata colpevole di omicidio, motivo per cui le condanne sono così pesanti. Abbiamo seguito una giovane condannata a 30 anni e una a 40 anni che siamo riusciti a mettere in sicurezza in Svezia.

La nostra organizzazione ha tre attività principali: l’azione legale per cercare di far uscire le donne di prigione; sfidare il modo negativo in cui le persone pensano all’aborto; attuare una campagna politica per cambiare la legge sull’aborto.

 


#unadonnalgiorno

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