Lepa Radić è stata una partigiana e antifascista jugoslava di etnia serbo-bosniaca, che ha fatto parte dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale.
È stata la persona più giovane insignita, postuma, dell’Ordine dell’Eroe Popolare il 20 dicembre 1951, per il suo ruolo nel movimento di resistenza contro le potenze dell’Asse.
Nacque il 19 dicembre 1925 in un piccolo villaggio vicino a Bosanska Gradiška, attualmente in Bosnia e Erzegovina.
Iniziò, giovanissima, il suo impegno politico seguendo lo zio, coinvolto nel movimento operaio. Dopo aver fatto parte della Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (SKOJ), a 15 anni si era unita al Partito Comunista di Jugoslavia.
Il 10 aprile 1941, con l’invasione della Jugoslavia, le potenze dell’Asse instaurano uno Stato fantoccio chiamato Stato Indipendente di Croazia, che si estendeva nei dintorni di Bosanska Gradiška. Dopo una serie di rastrellamenti, nel novembre dello stesso anno, Lepa Radić e la famiglia vennero arrestati dall’organizzazione fascista croata Ustascia. Grazie all’aiuto di alcuni partigiani sotto copertura, riuscì a fuggire dal carcere insieme a sua sorella Dara e decise di arruolarsi nella Settima compagnia, Secondo Distacco Krajiski.
Nella grande battaglia della Neretva fu catturata e, dopo giorni di torture per estorcerle informazioni, condannata a morte in quanto bandita antifascista.
L’8 febbraio 1943 venne impiccata dai nazisti, aveva 17 anni.
Mentre aveva cappio legato al collo, i suoi aguzzini nazisti le offrirono di avere salva la vita se avesse tradito e confessato i nomi dei suoi compagni.
Lei rispose che non era una traditrice, e che i suoi compagni si sarebbero rivelati quando sarebbero venuti a vendicare la sua morte.
Le sue ultime parole furono:
Lunga vita al Partito Comunista e ai partigiani! Combattete, gente, per la vostra libertà! Non arrendetevi ai malfattori! Sarò uccisa, ma c’è chi mi vendicherà!
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